Il 3 novembre è stato sottoscritto il protocollo d’intesa che dà il via al programma di prevenzione delle malattie fisiche e psicologiche che implicano la sfera femminile
Non sono passate inosservate all’opinione pubblica le rivolte in carcere che dall’inizio della pandemia hanno preso piede in alcuni istituti circondariali. E tristemente leggiamo le notizie di violenze ed abusi ai danni dei detenuti, che riescono ad emergere grazie alle testimonianze dei familiari. E queste sono solo fotografie occasionali di cioè che vuol dire “abitare” quotidianamente in istituto penitanziario.
La vita in carcere è dura. Quando si parla di detenzione è facile affibbiare l’etichetta dei buoni e dei cattivi, in base alle proprie idee. Ma bisogna tener presente che si tratta sempre di persone, inserite, per propria volontà o meno, in un contesto difficile che spesso viene emarginato e rifiutato dalla società.
E lì, partendo dal presupposto delle buone intenzioni, sono tutti sulla stessa barca, detenuti ed operatori. Non si deve dimenticare che chi lavora in carcere non sono solo gli addetti alla sorveglianza armati, ma anche infermieri, operatori socio-sanitari, addetti alla cucina, amministrativi etc. Tutti che girano intorno ad un luogo dove nessuno vorrebbe stare, dove la libertà negata traspira nell’aria, anche se si può entrare ed uscire.
Quindi, almeno quando si parla di benessere psichico e fisico, non ci sono troppe barriere tra chi sta da una parte e dall’altra delle sbarre. Di questo se ne sono rese conto anche le istituzioni.
A seguito di un protocollo d’intesa tra fra Atena Donna e Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, sottoscritto dalla Presidente della onlus, Carla Vittoria Maira, e dal Provveditore regionale di Lazio, Abruzzo, Molise e Campania, Carmelo Cantone, ha preso avvio il progetto #Liberalamente, dedicato a tutte le donne presenti negli istituti penitenziari.
Il progetto prevede una serie di incontri con medici e specialisti per parlare ed affrontare il tema delle malattie legate all’essere femminile. Agli incontri parteciperanno detenute, poliziotte ed operatrici, nella stessa aula e nello stesso ruolo di discenti.
Carla Vittoria Maira, presidentessa della onlus Atena Donna: “Durante il complesso periodo che abbiamo vissuto con il lockdown, perdendo la nostra quotidianità abbiamo percepito la limitazione dello spazio e della libertà e questo ci ha fatto riflettere su quanto queste sensazioni possano essere esasperate per le donne che vivono quotidianamente questa condizione“.
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E così per una volta il loro essere donna mette dalla stessa parte della barricata chi è privato della libertà e chi deve assicurarsi che questa libertà venga sottratta.