La FAO in collaborazione con un team internazionale di ricercatori ha presentato un nuovo studio dal titolo “Pre- and post – production processes along supply chains increasingly dominate GHG emissions from agri-food systems globally and in most countries”
Nello studio si cerca di evidenziare i legami tra una quota di inquinamento atmosferico e le pratiche più diffuse dei sistemi agroalimentari globali, anche nei momenti precedenti e successivi alla produzione vera e propria.
Lo studio raccoglie i dati messi insieme dai database sulle emissioni delle filiere agroalimentari di FAOSTAT prendendo in esame 236 tra Paesi e territori in un periodo che va dal 1990 al 2019. Il dato più preoccupante è sicuramente che nel 2019 tutti i sistemi della filiera agroalimentare hanno contribuito per il 31% alle emissioni antropogeniche di gas serra nell’atmosfera.
In totale si parla di 16,5 miliardi di tonnellate metriche così suddivise: 7,2 miliardi di tonnellate sono derivate dai processi di produzione dei raccolti e del bestiame, 3,5 miliardi di tonnellate dalle emissioni relative al cambio di utilizzo della terra per esempio a causa della deforestazione, e 5,8 miliardi di tonnellate dai processi pre e post produttivi cioè dalle industrie che creano i fertilizzanti, quelle della filiera della trasformazione delle materie prime, il packaging, il trasporto, la vendita, il consumo e la eliminazione dei rifiuti.
Da questi dati emerge che, se è vero che la maggior parte delle emissioni nocive in atmosfera vengono dalla produzione, è anche vero che tutta l’industria che ruota intorno alla produzione del cibo ha un impatto importante proprio sul livello di inquinamento globale. Questo studio condotto dalla FAO ci permette quindi di capire quanto anche le scelte che facciamo ogni giorno nel momento in cui si fa la spesa possono avere un impatto ambientale importante.
Per esempio, scegliendo di acquistare frutta e verdura sfusi piuttosto che in busta o in confezioni che utilizzano diversi tipi di plastica, si contribuisce a ridurre l’impatto ecologico e ambientale in termini di produzione e poi di smaltimento proprio delle materie plastiche.
Allo stesso modo, scegliere di acquistare produzioni locali riduce i km che vengono percorsi da mezzi che continuano ad essere altamente inquinanti soprattutto perché la maggior parte del trasporto si svolge, almeno qui in Italia, su gomma.
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Per affrontare veramente la crisi climatica che rischia di travolgerci, occorre effettivamente ripensare anche al modo in cui facciamo la spesa ogni giorno, a quello che scegliamo di mettere nel carrello e a quello che finiamo con il gettare via.
A questo link lo studio pubblicato su ESSD