Secondo il comunicato di Confagricoltura nel 2020 abbiamo perso 5170 ettari di suolo il che si è tradotto, tra il 2012 e il 2020, in 208 milioni di euro annui persi nella produzione agro-silvicola
Nel rapporto che contiene le stime dell’Ispra, Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale – Ministero dell’Ambiente, si chiarisce come siano andati persi ettari di suolo naturali che si sono trasformati in suolo non più naturale.
Nel 2020 siamo arrivati di conseguenza ad avere 2,143 milioni di ettari di superficie nazionale che si è trasformata in suolo sterile. Guardando da una prospettiva più ampia ci si rende conto di come “orientativamente il consumo di suolo in Italia dagli Anni Cinquanta ad oggi presenta un andamento molto sostenuto fino alla metà del primo decennio degli Anni Duemila (21-26 mila ettari medi annui) per poi attestarsi progressivamente intorno agli attuali 5.000 ettari annui“.
Questi i dati a livello nazionale mentre ci sono alcune regioni che si trovano in cima alla classifica per quello che riguarda la trasformazione del suolo naturale: Lombardia, Veneto e Puglia. In termini di percentuale Lombardia, Veneto e Campania superano la media nazionale che è del 7,1%.
I numeri riguardo il consumo del suolo devono farci riflettere soprattutto nel momento in cui dal Governo centrale o dai Governi regionali si emanano politiche che promuovono l’espansione delle attività produttive e degli insediamenti proprio su questi suoli, dato che al momento per ora le scelte fatte “evidenziano una scarsa attenzione all’incidenza di alcuni rischi connessi col consumo di suolo, da cui derivano rilevanti pericoli per l’incolumità delle persone e danni alle cose“.
Il nostro Paese è infatti un territorio a forte rischio sismico nonché idrogeologico, e quindi nel momento in cui si vanno a creare nuovi insediamenti o si promuove la creazione di realtà produttive occorre necessariamente tenere conto che, della percentuale totale di territorio italiano, se non si scelgono le aree con gli opportuni controlli e le giuste valutazioni si mettono in pericolo le vite delle persone.
Non va inoltre sottovalutato l’aspetto economico della perdita di suolo.
Ccome si legge nel rapporto, “dal consumo di suolo derivano, in termini di mancata produzione agrosilvicola e di riduzione dei servizi ecosistemici, perdite economiche che Ispra, solo per le variazioni intervenute fra il 2012 e il 2020, stima fra i 2,9 (ipotesi minima) e i 3,6 miliardi (ipotesi massima) di euro annui. Oltre il 90% dei costi è attribuito ai danni conseguenti al dissesto idrogeologico; dei circa 290 milioni residui (ipotesi media), la perdita di produzione agrosilvicola vale circa il 60%, pari a 208 milioni di euro, oltre i connessi effetti sui mutamenti del clima (10 milioni di €), l’impollinazione (8,2 milioni di €), la disponibilità di acqua (38 milioni di €)“.
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Come cittadini dobbiamo quindi chiedere che le istituzioni locali, regionali e nazionali, che promuovano ove possibile l’utilizzo del suolo, tenendo conto innanzitutto della nostra situazione come Paese esposto a rischi derivanti dalla nostra stessa storia geologica.
A questo link il rapporto dell’Ispra pubblicato da Confagricoltura