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Salute

Secondo la rivista State of Mind il perfezionismo sta creando individui sempre più insicuri e disadattati

Sempre più ricerche psicologiche e mediche trovano nel perfezionismo la radice di molte patologie mentali

(unsplash)

Il perfezionismo, o l’atteggiamento dell’adulto che tende a ricercare la perfezione a tutti i costi, è misurato nella società contemporanea come un valore positivo, funzionale ad un buon successo professionale e un ottimo modo per raggiungere i propri obiettivi. In questo si può sviluppare un fraintendimento tra perfezionismo e tenacia.

La perseveranza e la determinazione a seguire gli obiettivi personali è sicuramente un valore positivo, ma i perfezionismo è un’altra cosa. Numerosi studi scientifici, riportati sulla rivista di psicologia State Of Mind fanno risaltare un lato oscuro del perfezionismo, a prescindere dalla sua reputazione nella società.

In realtà è molto più simile ad una nevrosi che ad una qualità. I soggetti che ne sono affetti hanno difficoltà di adattamento, e vivono costantemente nell’ansia di prestazione, che, come un atteggiamento bulimico, non è mai soddisfatta. Questo modo di vivere, anziché a felicità e successo professionale, può portare molto più probabilmente a depressione, alcolismo, disturbi dell’apprendimento, ansia e disturbi alimentari.

È facile che chi ricerchi la perfezione in ogni aspetto della propria esistenza sviluppi al contrario un senso di inadeguatezza; gli obiettivi che si desidera raggiungere nella vita privata e pubblica sono troppo alti per essere soddisfatti, e da lì nasce un profondo senso di frustrazione.

Ma il germe del perfezionismo non è una scelta individuale; nella maggior parte dei casi nasce da un’emulazione genitoriale, ed ha radici nell’infanzia. Un altro articolo della stessa rivista racconta il perché.

I genitori esigenti sono spesso inconsapevoli dei danni che possono apportare creando delle attese eccessive nel figlio. Ma a loro volta soffrono della stessa patologia. Il perfezionismo viene trasmesso ad un figlio, ma il genitore in primo luogo ne è affetto.

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Le aspettative che un individuo si crea su si sé, sull’altro, e soprattutto ciò che crede gli altri si aspettino da se stesso, non fanno altro che rinforzare l’idea di indegnità di vivere in un mondo che chiede performance continue. E se sono i genitori i primi a chiedere costanti risultati, il bambino crescerà con l’idea che l’essere degni voglia dire riportare successi continui. Ma questo non è possibile.

In sintesi, anche se la tendenza a cercare la perfezione può ingenuamente sembrare figlia di una grande sicurezza e stima verso se stessi, chi vive quotidianamente con l’orpello della valutazione costante è in realtà un soggetto che si sente debole ed inadeguato.

Nella ricerca di creare individui sempre più performanti e conformati, la società contemporanea continua a generare patologie e disagi, con alti costi economici ed etici sull’individuo e sulla collettività.

Pubblicato da
Giulia Borraccino