“Il futuro è già qui”, l’Atlante sull’infanzia a rischio pubblicato da Save the Children

L’atlante pubblicato da Save the Children sull’infanzia ha un titolo estremamente iconico: “Il futuro è già qui”. Ed è un futuro che rischia di non vedere il domani

Foto Ethan Sykes Unsplash

Leggendo la pubblicazione a cura di Vichi De Marchi, già nella pagina della prefazione si pone l’accento su quello che potrebbe essere il futuro per le giovani generazioni che vedono incertezza e rischio più che opportunità.

Un futuro compromesso da un lato dalle crisi – economica, educativa, climatica – interconnesse al deflagrare della pandemia mondiale, e dall’altro dalla miopia della politica che non ha investito a sufficienza sul bene più prezioso del nostro Paese: l’infanzia“.

Questo scrive Daniela Fatarella, direttrice generale Save the Children, che, più avanti nel suo intervento affronta il tema della povertà:Siamo drammaticamente tornati indietro nella lotta alla povertà. Ci troviamo di fronte ad un Paese caratterizzato da un divario territoriale, da mancanze di opportunità e da un ascensore sociale che sembra funzionare a ritroso. Adesso dobbiamo fare i conti con la responsabilità di usare al meglio risorse e strumenti che ci servono per costruire una società più sostenibile, facendo attenzione a colmare i divari e ad investire soprattutto nel capitale umano“.

Nell’Atlante la prima sezione è dedicata alle sfide e tornano tre termini che sono i tre punti su cui occorre riflettere e agire: disuguaglianza, natalità e pianeta. Per ciò che riguarda la disuguaglianza, nell’Atlante leggiamo: “Tra gli effetti disvelatori della pandemia, vi è anche quello di avere acuito e reso visibile la sfida enorme rappresentata dal contrasto alle disuguaglianze e alla povertà dei bambini e degli adolescenti“.

Devono farci riflettere in particolare i dati che riguardano i cosiddetti NEET ovvero i ragazzi che non vanno a scuola e non cercano neanche lavoro: ormai siamo arrivati ad avere un quarto dei giovani in età compresa tra i 15 e i 29 anni che hanno perso, questo in buona sostanza è ciò che succede, qualunque speranza nel futuro. Un terzo dei ragazzi dai 25 ai 29 anni si trovano nella stessa situazione drammatica: “Si tratta di giovani a cui è mancata un’offerta scolastica adeguata“.

La seconda sfida è quella che riguarda la natalità e anche in questo frangente specifico l’Atlante è chiaro nell’analisi che ne fa: “L’invecchiamento della popolazione, sebbene sia frutto anche di grandi conquiste in campo medico, pone una sfida difficile per il domani ai pochi neonati, bambini e adolescenti di oggi, che vedranno aumentare sempre più il carico di popolazione anziana, in termini di previdenza, sanità e assistenza“.

Volendo calare questa situazione in un ambito che è facile comprendere: meno bambini significa in buona sostanza meno adulti domani, meno adulti che lavorano, che pagano le tasse e versano i contributi delle pensioni e che rischiano quindi di far implodere tutto il sistema statale italiano.

Chi lavora oggi paga infatti i contributi che non vanno tecnicamente alla propria pensione ma al fondo con cui vengono pagate le pensioni di chi oggi non lavora più. Se un domani dovesse crearsi un squilibrio troppo marcato tra chi si trova nel mondo del lavoro e chi percepisce una pensione, saremmo di fronte a un vero e proprio disastro.

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Terza sfida è quella del pianeta, della sostenibilità.Il mondo piegato dal Covid-19 fa fatica a imboccare con decisione la strada del cambiamento. A Bruxelles sono d’accordo che serva azione. Ma poi i conti non tornano”.

La verità infatti è questa: se dalle piazze i giovani cercano in ogni modo di parlare di futuro, nei luoghi del potere queste parole si svuotano lentamente di significato mentre le scartoffie si accumulano e l’etichetta diplomatica annacqua quelle che sono le richieste d’aiuto di un pianeta che parla per bocca delle sue generazioni più giovani e anche per bocca di chi forse non arriverà mai.

C’è poi il tema del rapporto che i bambini e le bambine, e i ragazzi e le ragazze, hanno con la città e qui entra anche il tema della violenza in particolare della violenza di genere: “la percezione degli spazi non è uguale tra maschi e femmine e la città è il primo luogo dove le ragazze imparano ad avvertire il pericolo“. Una situazione che non dovrebbe esistere.

Anche perché le città possono effettivamente cambiare il mondo trasformandosi in quel luogo in cui si può aprire e ristabilire “una cittadinanza condivisa” e produrre un incontro “tra chi abita le periferie e chi il centro, tra bambini che ‘hanno’ e quelli che ‘non hanno’“.

L’Atlante pubblicato da Save the Children è una lettura che tutti gli adulti dovrebbero fare per sapere che cosa succede guardando il mondo, le città e la vita dalla prospettiva di chi magari deve mettersi in punta di piedi anche solo per aprire una maniglia.

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