Le poche luci e le molte ombre dell’aspetto economico della transizione energetica

Dal G20 e dalla Cop26 si è sottolineato come sia importante avviare la transizione energetica ma l’aspetto economico di questa cosiddetta rivoluzione green rimane in una zona grigia, che rischia di essere terreno fertile per la più grande speculazione finanziaria della storia dell’umanità

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Secondo Alessandro Volpi, docente di Storia Contemporanea presso il dipartimento di Scienze politiche dell’Università di Pisa, la situazione che ci si prospetta a livello finanziario mondiale rischia di essere una tempesta perfetta. Un articolo di Altreconomia analizza la questione.

Il primo campanello d’allarme si è acceso proprio a ridosso dei due eventi sul clima. Mentre infatti i grandi della Terra annunciavano che la transizione ecologica mondiale è necessaria, ma che sarà estremamente costosa, si sono fatte avanti oltre 400 società che guarda caso operano già nel mercato internazionale e hanno contribuito sostanzialmente alla situazione in cui ci troviamo adesso con i rincari delle materie prime che si ripercuotono sulle famiglie in tutto il mondo.

In ballo ci sono miliardi di dollari che nessuno è ovviamente disposto a dare in maniera gratuita o sotto forma di elemosina. Ma il cambiamento ha bisogno di investimenti e non è logico (per come il mercato è strutturato ora) pensare che si possa mettere un tetto agli investimenti delle società private soprattutto perché, paradossalmente, dai privati rischia di arrivare una fetta sostanziale di quel fondo che deve raggiungere i 100 miliardi di dollari per aiutare i Paesi in difficoltà a portare a termine la transizione energetica.

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E in questa transizione verde, altra situazione al limite del paradosso, a beneficiare dei fondi e degli aiuti rischia di essere proprio la Cina che a sua volta può così trasformarsi in un porto franco per gli investimenti, grigi più che verdi, di questi molti soggetti che operano nella finanza.

La rivoluzione green e la transizione ecologica mondiale sono una necessità ma per come sono strutturate ora le regole degli strumenti finanziari rischiamo di avere soltanto una nuova speculazione che arricchirà una manciata di persone, lasciando poi preda dei debiti molti di quei Paesi in via di sviluppo che pagano già in qualità della vita, in calamità inarrestabili e in una indigenza endemica, lo scotto dei cambiamenti climatici.

In più, a dover “accogliere” questo mercato finanziario verde si è proposta Londra, notoriamente mercato con poche regole e troppo elastiche. In buona sostanza, le stesse persone che hanno speculato e si sono arricchite con l’inquinamento potrebbero ora arricchirsi ulteriormente.

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