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Buoni fruttiferi dell’89, Poste costretta a pagare: quanto valgono oggi

Lo ha deciso il Tribunale di Torino. Poste Italiane deve pagare tassi di interesse alti per i buoni di valenza trentennale

Poste Italiane (Foto Adobe)

Annosa e complicata la vicenda dei buoni fruttiferi. Mentre Poste Italiane suggerisce a spron battuto di riscattare i buoni scaduti, pena la decadenza del deposito ed il suo ritiro da parte del Ministero delle Finanze, si apprende che in ballo ci sono molti ricorsi contro l’azienda per i buoni datati da più di 30 anni.

Quali sono i precedenti? Dal 1986 è uscita la serie “Q” dei buoni fruttiferi, con un tasso di interesse molto più basso dei precedenti. Ma spesso Poste Italiane continuava a utilizzare comunque i moduli della serie precedente, la “P”, con rendimenti più alti, apponendo semplicemente un timbro sopra i vecchi rendimenti per specificare quanto avrebbero fruttato in futuro.

La serie “P” fruttava dei tassi di interesse del 9 – 11 – 13 e 15%, mentre la “Q” 8 – 9 – 10,5 e 12%. Il nodo della questione è che il timbro che ricontrattava i tassi della serie “P” dopo il 1986, era valido solo per 20 anni. Quindi, chi teneva bloccato il deposito ad esempio per 30, si aspettava che gli ultimi 10 fossero riscattati con i rendimenti della serie “Q”, cioè quelli più alti.

Invece Poste Italiane ha continuato a pagare con gli interessi più bassi, e molti risparmiatori si sono lamentati fino ad avviare numerosi ricorsi.

Buoni fruttiferi, il Tribunale di Torino ha dato ragione alla risparmiatrice

(pixabay)

Nel 2020 ben 30.000 risparmiatori hanno fatto ricorso a Poste Italiane, e, nonostante i ricorsi siano stati accolti in sede di Tribunale Amministrativo, Posta ha deciso di non pagare il giusto. Per cui l’unica via è stata avanzare le richieste di pagamento al Tribunale Ordinario.

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Ed è arrivata la sentenza che fa precedente, quindi giurisprudenza a cui tutti i risparmiatori possono appellarsi. Una titolare di un buono fruttifero del 1989, dal valore di 5 milioni, ha chiesto che le venissero restituiti tutti gli interessi acquisiti negli ultimi 30 anni. Il Tribunale di Torino ha dato ragione alla ricorrente dopo che Poste aveva deciso di saldare un importo minore rispetto a quello, 26 volte superiore al valore originario, che la titolare del buono rivendicava di ricevere.

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Quindi la risparmiatrice riceverà 65mila euro e non 28mila (cifra che Poste voleva pagare). L’avvocato Fabio Scarmozzino, che ha sostenuto i ricorrenti, dichiara: “É importante che tutti i risparmiatori in possesso di buoni delle serie O, P e Q-P, che ancora non hanno agito, o che siano già in possesso di una decisione favorevole dell’arbitro bancario, agiscano per la tutela dei loro diritti”.

Pubblicato da
Giulia Borraccino