Sostenibilità ambientale, a marzo arriva in UE il “diritto alla riparazione” degli apparecchi elettronici

La Comunità Europea pare ce l’abbia fatta. Uno stop all’obsolescenza programmata degli apparecchi elettronici sarà in vigore da marzo

tv rifiuti
(unsplash)

Non è facile imporsi sulle lobbies del Tech. Ma oltre agli interessi privati ci sono quelli collettivi, come ad esempio la sostenibilità ambientale, che lungi da essere un valore a sé si va ad intrecciare con altri, come ad esempio il diritto alla salute. Da lungo tempo è noto alla comunità scientifica, all’opinione pubblica ed agli esponenti istituzionali che gli apparecchi elettronici, dai pc, ai televisori, passando per gli elettrodomestici, sono altamente inquinanti.

E questo non avviene solo in fase produttiva e di consumo, ma anche nel loro fine vita, che inevitabilmente termina in discariche locate nei paesi più poveri del mondo. Ad essere responsabile di questo abominio ambientale è senza dubbio la crescita della domanda degli apparecchi elettronici, ma anche l’alta caducità del prodotto.

Quante volte ci siamo trovati di fronte all’opzione “riparo/ricompro” ed abbiamo scelto la seconda perché più conveniente? Da parecchi anni le politiche delle multinazionali sono improntate su prodotti a breve termine, ovviamente per accrescere la domanda del prodotto. Ma questa logica contravviene a tutti i principi di conversione green dell’economia.

Ma alla fine la Commissione UE ha deciso di imporsi: da marzo entreranno in vigore alcune misure in virtù del cosiddetto diritto alla riparazione. Di cosa si tratta? La risposta la apprendiamo da un articolo di Altroconsumo.

Le nuove regole obbligheranno i produttori di apparecchi elettronici come lavatrici, lavastoviglie, frigoriferi e televisori a rispettare determinati criteri di progettazione e realizzazione: questo per fare in modo che risultino facili da riparare anche al di fuori dei circuiti ufficiali. Con il diritto alla riparazione, inoltre, i produttori sono obbligati a rendere disponibili i pezzi di ricambio, finora spesso introvabili, e le relative istruzioni per la riparazione, aspetto fondamentale quando parliamo di grossi elettrodomestici che rientrerebbero tra i cosiddetti rifiuti Raee.

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Secondo le stime, oggi l’80% dell’inquinamento ambientale e il 90% dei costi di produzione dipendono dalle decisioni che vengono prese dai produttori in fase di ideazione dei dispositivi. E questo non è più sostenibile. Con il diritto alla riparazione i consumatori potranno possedere più a lungo un apparecchio.

Le misure prevedono anche l’incentivo alla creazione di una rete di tecnici indipendenti realmente interessati a riparare il prodotto. I centri ufficiali di riparazione delle case di produzione spesso disincentivano il consumatore dalla riparazione con la scusa dei costi troppo alti o dell’irreperibilità dei dispositivi di ricambio, suggerendo la sostituzione dell’apparecchio.

Inoltre, il diritto alla riparazione prevede la possibilità di aggiornare i componenti, ed anche i software dei prodotti, sempre con l’obiettivo di ritardarne il fine vita, e migliorare le performance di apparecchi che non sono proprio di recente acquisto.

Era ora che si introducessero misure di questo tipo. L’obsolescenza forzata di un apparecchio, oltre che essere economicamente svantaggiosa, è uno schiaffo alle politiche di sostenibilità ambientale e contribuisce pesantemente ad incrementare le logiche di consumo sfrenato e superfluo.

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