I media italiani tolgono credibilità alla transizione ecologica, l’accusa di Altreconomia

Un editoriale di Stefano Caserini, docente di Mitigazione dei cambiamenti climatici al Politecnico di Milano, punta l’indice sul ritratto falsato della transizione ecologica riportato dai media italiani

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Tina Rataj Berard (unsplash)

L’Italia si sa, in tema ambientale è arretrata rispetto ad altri paesi europei. Anche la porzione di opinione pubblica legata alla vetero sinistra, apparentemente progressista, non pone la questione della sostenibilità ecologica nella lista delle tematiche principali. E questo va necessariamente a discapito delle politiche europee che (almeno sulla carta), tentano di formare una coscienza ambientalista.

In tutto questo lavoro non si può sottovalutare il ruolo del singolo cittadino, che passa attraverso una ridiscussione di valori individuali. Stefano Caserini, docente in Mitigazione dei cambiamenti climatici al Politecnico di Milano, in un editoriale pubblicato su Altreconomia, mette in rilievo il ruolo mistificatore che i media italiani hanno nel formare l’opinione pubblica riguardo alla transizione ecologica.

“Nelle trasmissioni televisive (come Piazzapulita su La7 e Cartabianca su Rai3) il format è chiarissimo. Si cita il problema dell’aumento del costo dell’energia ma in realtà quello recente è dovuto alla fiammata nei prezzi dei combustibili fossili (quindi la transizione è un beneficio, la soluzione e non la causa). Si citano i lavoratori della GKN licenziati, ma se si va a vedere le cause sono le delocalizzazioni e una condotta antisindacale o da “banditi” finanziari dell’azienda: la transizione non c’entra“.

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Evidentemente, da quanto emerge dall’articolo, i giornalisti italiani continuano ad avere una visione troppo ristretta sulle problematiche ambientali, da un lato minacciando il pubblico con il caro prezzi e la perdita di posti di lavoro, dall’altro ritraendo i filo-ambientalisti come dei “fricchettoni” fuori dal mondo concreto.

È logico che raccontata in questo modo la transizione ecologica perda di credibilità. E la responsabilità è di coloro che per motivi a chi scrive ignoti, tenta di mettere un freno ad un cambiamento necessario. La cosa più grave è che nel tentativo di esporre costi/benefici della transizione, si pone eccessivamente l’accento sui costi, basandosi principalmente su informazioni ristrette che non guardano alle cause economiche e di profitto della dipendenza dal combustibile fossile, ma solo alle conseguenze della sua abolizione.

Ed a volte anche con notizie false. Commenta in maniera tristemente ironica Casarini: Si dettagliano i problemi di chi usa l’auto elettrica (52 ore per andare da Roma a Reggio Calabria) ma il caso è del tutto irreale, la giornalista fa di tutto per usarla male e crearsi problemi, Fantozzi a confronto sarebbe brillante”.

La riflessione sulle motivazioni alla base di tale poco coscienzioso comportamento mediatico sta a coloro che la suffragano, ma allo stesso tempo si può ricordare a tali giornalisti che il loro ruolo, e la loro professione, implica una responsabilità enorme nei confronti degli spettatori. E quando si appurerà il fallimento nella prassi della direzione ecologica del nostro Paese, questi giornalisti saranno pronti a caricarsi il peso di tale incoscienza?

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