Un italiano su 5 rinuncia alle cure perché troppo difficili burocraticamente o troppo costose
Non solo il Covid uccide, e questo si sa. Ma affianco al timore del contagio ormai si teme tutto l’accesso alla sanità, che è diventato sempre più respingente. Le regole introdotte per arginare la pandemia, e la quasi totalità del personale dell’SSN impiegato nell’emergenza epidemiologica, ha fatto sì che le altre malattie venissero trascurate. Ma si può morire anche di altro.
Il fatto che le energie si siano focalizzate sull’emergenza poteva andare bene per il primo periodo, dove una serie di protocolli non esistevano e si andava avanti a lume di naso, ma ora, dopo qusi due anni, e con la ferma convinzione che non si uscirà a breve dalla pandemia, perché non si è cercato di convertire le altre prestazioni compatibilmente con le nuove disposizioni, senza per questo offrire un servizio peggiore?
Cittadinanzattiva, in un comunicato stampa del 14 dicembre 2021 annuncia che è stato pubblicato il report sulle criticità nell’accesso alle cure, garantito dal Servizio Sanitario Nazionale.
“Un paziente su due dichiara che con la pandemia sono aumentate le criticità nell’accesso alla diagnosi e cura per la propria patologia. A subire rinvii e ritardi sono ancora le visite specialistiche e diagnostiche, in aumento le difficoltà ad attivare l’assistenza domiciliare integrata e a farsi riconoscere l’invalidità o handicap”, si legge nel comunicato.
Ma i costi sociali ed in termini di vite umane non provengono solo dal Covid. Se si trascurano i percorsi di cura ad altre malattie gravi, chi ne subirà le conseguenze sarà innanzitutto l’individuo che è stato privato del diritto alla salute, ma anche tutta la collettività, che da un aumento delle patologie gravi subirà un peggioramento della qualità di vita della comunità intera.
Non ci dimentichiamo che la “società del benessere” in buona parte è passata attraverso un percorso di garanzia delle cure del servizio sanitario pubblico. Mentre oggi, chi può, si rivolge al privato, dati gli insostenibili tempi di attesa delle prestazioni sanitarie. E chi non può rinuncia alle cure.
Un paziente su due afferma che i costi sono aumentati rispetto al periodo pre-pandemia e uno su cinque è stato costretto a rinunciare ad alcune cure perché non poteva sostenerne i costi. Si arriva a spendere fino a 60.000 euro per l’adattamento dell’abitazione o la retta in RSA, 25.000 euro per pagare una badante e 7.000 euro per protesi e ausili non rimborsati dal SSN, solo per citare alcuni esempi.
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Dichiara Anna Lisa Mandorino, presidentessa di Cittadinanzattiva: “Le risorse che stanno arrivando con il PNRR sono preziose ma vanno accompagnate con misure che ne consentano solidità strutturale anche dopo il 2025, a cominciare da un adeguato potenziamento del personale sanitario, e con la realizzazione di quelli che da tempo sono strumenti prioritari ma ancora non attuati appieno per rispondere alle esigenze dei malati cronici e rari”.
Inoltre sono andate molto a rilento anche le certificazioni per la disabilità, necessarie in questo anno e mezzo per ottenere sostegni pubblici.
Il monito della Mandorino è che si riuscirà nel brave periodo a “ridurre le diseguaglianze tra regioni ed assicurare a tutti i cittadini pari diritti. Tutto questo è importante che sia fatto attraverso un confronto costante con i cittadini e le associazioni di tutela dei diritti dei pazienti che, in questo anno e mezzo di pandemia, hanno mostrato di essere un fondamentale tassello del welfare del nostro Paese”.