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L’Onu ha inserito il diritto all’ambiente nella lista dei diritti umani

Un passo importante verso un’auspicabile svolta nella conversione ecologica dei sistemi produttivi mondiali

(unsplash)

Formalizzare un diritto su carta non è un’azione superflua. È la garanzia che in caso di violazione, tale diritto possa essere rivendicato. Da poco tempo si parla di diritto all’ambiente, un diritto “nuovo”, ma che emerge da una condizione tutt’altro che recente dell’umanità: il suo rapporto con la natura.

Ma l’essere umano ha bisogno di tempo e di catastrofi per aprire gli occhi ed accorgersi di ciò che sta perdendo. Evidentemente è portato ad osservare maggiormente quello che non c’è piuttosto che quello che c’è.

Da un comunicato di Osservatorio Diritti, che riporta una cronistoria dell’evoluzione dei diritti, si riporta che “quanto sancito l’8 ottobre 2021 dal Consiglio dei diritti umani dell’Onu acquista un peso storico e politico estremamente rilevante. In quella data, infatti, il Consiglio, attraverso una risoluzione approvata con 43 voti a favore (astenute Russia, Cina, India e Giappone) ha sancito che l’accesso a un ambiente naturale, salutare e pulito è un diritto umano”.

E questa è una buona notizia, perché pone accento su qualcosa che è dato per scontato, ma che scontato non è, ovvero l’indissolubile legame dell’uomo con l’ambiente naturale in cui vive.

Dall’altra, non si può non notare che a differenza degli altri diritti umani (come ad esempio quello di uguaglianza, non discriminazione, accesso alla salute ed altri), che partono da un rapporto bidirezionale tra gli attori presi in causa, il diritto all’ambiente, pur se nell’intento di rispettare la natura, prende come punto di partenza la prospettiva antropocentrica.

Chi ha diritto all’ambiente? L’uomo, che da lungo tempo lo ha violato. E l’ambiente che diritti ha se non quello di assistere passivamente alle decisioni che vengono prese sulla sua “pelle”? Quindi, a parere di chi scrive, sarebbe più corretto parlare di “diritto al futuro”, con la cognizione di causa che senza il rispetto per l’ambiente non ci sarà un futuro per nessuno.

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D’altro canto, tralasciando le questioni semantiche (tutt’altro che secondarie), è senza dubbio un passo importante considerare la tutela dell’ambiente non come una norma ma come un diritto. In tale condizione si possono penalizzare le violazioni senza poter trovare l’alibi del male minore. Il riconoscimento di un diritto umano lo mette necessariamente in cima alla scala delle priorità, antecedendolo ad esempio al vantaggio economico.

Michelle Bachelet, Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, ha dichiarato che “la risoluzione deve servire come trampolino di lancio per promuovere politiche di trasformazione economica, sociale e ambientale che proteggano le persone e la natura. Questo diritto ha a che fare con la protezione delle persone e del pianeta: l’aria che respiriamo, l’acqua che beviamo, il cibo che mangiamo. Si tratta di proteggere i sistemi naturali, che sono precondizioni fondamentali per la vita e il sostentamento di tutte le persone, ovunque vivano”. Sarà sufficiente?

Pubblicato da
Giulia Borraccino