Vestiti di cromo, i dati shock sui tessili tedeschi riportati da Il Salvagente

Il Salvagente riporta i risultati di alcuni test di laboratorio fatti per individuare la percentuale di cromo presente in diversi indumenti che vengono a contatto diretto con il corpo

foto Dom J Pexels

I risultati pubblicati sono decisamente preoccupanti perché dimostrano come alcuni produttori continuino ad ignorare le direttive europee. Il cromo è infatti una sostanza che produce reazioni allergiche importanti soprattutto quando si ha una esposizione prolungata. Per questo motivo l’Europa ha fissato dei limiti precisi. E a quanto pare, questi limiti sono stati disattesi su 12 dei 99 campioni acquistati in Germania tra il 2020 e il 2021.

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Ad essere coinvolti dai test riportati da Il Salvagente sono portachiavi, cinture, guinzagli per cani, abbigliamento in pelle, sandali per bambini, guanti e scarpe di pelle. Il cromo viene fatti utilizzato per conciare le pelli ma a seguito della direttiva n. 1907/2006, tutto ciò che è stato immesso sul mercato dopo il primo maggio 2015 dovrebbe contenere meno di 3 mg di cromo per ogni chilo di pelle pesato a secco.

Quello del cromo risulta un problema ancora molto diffuso, dato che è facile immaginare come gli stessi prodotti venduti in Germania arrivino anche da noi. Da parte dei consumatori non c’è effettivamente modo di sapere se chi ha prodotto gli oggetti in pelle che si stanno acquistando utilizzando abbia o meno rispettato la normativa europea.

Di conseguenza test come quelli di laboratorio riportati da Il Salvagente diventano fondamentali per avere il polso della situazione. Anche perché dai test è risultato che la metà di portachiavi e cinture esaminati tra il 2020 e il 2021 avevano una percentuale di cromo di gran lunga superiore ai famosi 3 mg/kg. E se avete mai visto un bambino piccolo succhiare un a chiave o un portachiave la situazione assume contorni molto preoccupanti.

Occorrerebbe probabilmente modificare la normativa in modo da andare a colpire le aziende che non la rispettano lì dove fa più male: elevando multe e impedendo la commercializzazione dei prodotti finiti. O, in alternativa, promuovere la cosiddetta concia al vegetale che produce un inquinamento minore e minor rischio di sviluppare allergie.

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