I buoni fruttiferi postali negli ultimi decenni sono doggetti a imposta di bollo. Ma l’importo varia a seconda di quando si sono acquisiti
I buoni fruttiferi postali sono un ottimo modo per mettere da parte un piccolo gruzzolo e vederlo crescere, per sé o per un’altra persona. Si posssono acquisire dei buoni fruttiferi anche di durata trentennale. Il problema è che nel frattempo le cose cambiano. Per quanto riguarda gli interessi sul riscatto del buono, le cifre sono vincolate agli accordi contrattuali al momento dell’acquisto del buono.
Ma ci sono altre variabili, tra cui l’imposta di bollo, che viene applicata regolarmente dal 2012. Molti siti spiegano come calcolare l’imposta di bollo sul riscatto di un buono fruttifero pluridecennale. E’ importante esserne a conoscenza, in caso contrario si potrebbe avere una grande delusione quando si va a riscattare la cifra del buono.
Buoni fruttiferi postali, come funzionano le imposte di bollo
Dal 2009 il legislatore ha inserito il tetto dei 5.000 euro per l’imposta. Ovvero, chi ha un valore di rimborso dei buoni fruttiferi inferiore a 5.000 euro non deve pagare l’imposta di bollo. Ma per i buoni antecedenti a tale data il tetto minimo non è valido, e per sapere quanto si paga si deve fare il calcolo delle aliquote.
Leggi anche: Ricalcolo reddito di cittadinanza: cambia l’assegno nel 2022
Sui vecchi titoli cartacei (cioè emessi prima del 1̊° gennaio 2009), l’imposta si calcola sul valore nominale del singolo buono. Salta, quindi, la soglia dei 5.000 euro complessivi. Tuttavia, l’imposta si applica solo dal 2012 e non negli anni antecedenti, e per i soli anni di maturazione del buono.
Leggi anche: INPS, via ai controlli: ecco chi perderà la pensione nel 2022
Le aliquote corrispondono allo 0,10% per il solo 2012, lo 0,15% per il 2013 e lo 0,20% dal 2014 e gli anni a seguire. Esse si applicano al valore nominale di ogni singolo buono e l’imposta è dovuta nella soglia minima di 2 euro a titolo posseduto.