In tempi di pandemia le distorsioni economiche di un sistema che privilegia i pochi risultano ancora più evidenti. L’accesso globale ai vaccini si può facilmente garantire cancellando il debito dei Paesi a basso reddito
È evidente a chiunque in questi giorni, anche se per mesi è stato dato il “via libera”, che non si è ancora fuori dall’emergenza pandemica. E c’è chi afferma che le pandemie saranno nel futuro una piaga con la quale si dovrà imparare a convivere. I piani vaccinali dei Paesi ad alto reddito hanno ridotto l’impatto devastante del virus, ma qualunque infettivologo (e anche l’Oms) può affermare che se la copertura non è garantita al livello globale, in particolar modo con i flussi di spostamenti odierni, gli sforzi della scienza possono essere vanificati.
Le varianti in circolazione lo dimostrano. Ed allora non ci sono più scuse. A novembre si stima che in Africa solo il 27% del personale sanitario è stato vaccinato, e situazione simile si trova anche in India. Neanche l’alibi di superare la crisi serve più. I Paesi a basso reddito devono avere accesso ad una pari quantità di dosi.
Il fatto che questo non sia stato ancora concretizzato, a 2 anni di distanza dalla comparsa del virus, mostra la poca lungimiranza dei Governi occidentali, oltre ad un reiterato comportamento non solidale. E mentre i Paesi ad alto reddito decidono cosa fare del Covax, all’atto pratico reso inabile dai brevetti vaccinali ancora sotto chiave delle industrie farmaceutiche, nei Paesi a basso reddito si continua a morire con una rapidità da noi impensabile.
In una rubrica di Altreconomia, firmata da Nicoletta Dentico, “483 miliardi di dollari si perdono ogni anno in abusi fiscali commessi da multinazionali e “paperoni” vari del Pianeta. Basterebbero per vaccinare contro il Covid-19 tutta la popolazione mondiale più di tre volte, secondo uno studio di Tax Justice Network”.
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Ed allora il ritardo nell’approvvigionamento dei vaccini per i Paesi a basso reddito non si può più imputare ad una difficoltà a reperire i finanziamenti. Basterebbe considerare la salute mondiale per quello che è: una priorità assoluta, che dovrebbe venire prima dei profitti individuali.
Come ribadisce Nicoletta Dentico, “i Paesi poveri con i sistemi sanitari più fragili sono guarda caso quelli costretti a pagare il servizio del debito ai Paesi ricchi. Sessantaquattro di essi sono costretti a spendere più per tener buoni i creditori che per investire in salute. Il debito è il loro virus incurabile“.
La cancellazione del debito, di cui da decenni si discute senza che nulla si sia realmente concretizzato, è l’unica strada per sostenere realmente la salute mondiale. E non servono a molto le opere di beneficienza calate dall’alto. Bisogna attribuire nuovamente i diritti a coloro i quali sono stati sottratti, primo tra questi quello alla salute. Ma evidentemente la scala di priorità odierna è talmente alterata da conferire nuovamente i primi posti ai privilegi dei pochi. E questo non è più accettabile.