Da un report di SOMO emerge che la logistica delle multinazionali del delivery produce livelli di inquinamento insostenibili e non in linea con le pubblicizzate strategie green delle aziende stesse
È molto frequente e non può passare inosservato l’incremento dei furgoni e mezzi a due ruote deputati al delivery. Ma ciò che potrebbe sfuggire è che i mezzi pesanti che affollano le città, sovente girano scolmi per poter assolvere alle esigenze del delivery sfrenato. Come sarebbe possibile altrimenti effettuare consegne ad ogni cliente nell’arco di due giorni con la possibilità gratuita di rendere indietro la merce?
E nonostante Amazon & co. siano passati per i benefattori del lockdown, i loro profitti sono incrementati notevolmente, come riporta un report di SOMO, centro di ricerca che monitora (tra le altre cose) le attività delle multinazionali. Ciò che viene metto sotto osservazione è l'”ultimo miglio“, ovvero il percorso che viene fatto tra il centro di distribuzione merci e l’appartamento privato a cui il prodotto è destinato.
Dal rapporto, come si legge nell’editoriale di Altreconomia, emerge che l’ultimo miglio è responsabile di 19 milioni di tonnellate di CO2 ogni anno, solo nelle prime 100 città più popolose del pianeta. Si legge nell’editoriale di Duccio Facchini: “A questi folli ritmi di consumo da qui al 2030 i mezzi delle consegne cresceranno del 36% (fonte World economic forum) ed entro il 2050 il settore dei trasporti diventerà il principale “emettitore” globale di gas climalteranti (oggi pesa per l’11,9%)”.
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“Delle sei aziende analizzate solo Flipkart (con sede a Bangalore, in India, per il 77% in mano a Walmart) non pubblica i dati sulle proprie emissioni. Le altre sì: Amazon guida la classifica con 60 milioni di tonnellate di CO2 equivalenti nel 2020, seguita da Ups (38), Dhl (29), FedEx (19), Walmart (18). Tra 2018 e 2020 la società fondata da Jeff Bezos ha visto esplodere il proprio contributo emissivo del 30%. Shopping online frenetico, restrizioni da Covid-19 e paradisi fiscali hanno trascinato i profitti (386,1 miliardi di dollari di fatturato nel 2020 per un utile netto di 21,3 miliardi)”.
Le multinazionali, dal canto loro, espongono una facciata verde, ma senza minimamente prendere in considerazione la riduzione del trasporto su strada. Le soluzioni per arrivare alle emissioni zero sono di sperimentare combustibili alternativi, non sempre ritenuti non inquinanti, o compensare le emissioni con iniziative sparute di riforestazione.
Ciò che risulta evidente è la contraddizione tra il desiderio di accrescere i consumi e tutelare l’ecologia: un’equazione semplicemente non applicabile. E se tutto questo viene giocato dagli equilibri tra multinazionali e governance, noi cosa possiamo fare? Forse stare un po’ più attenti a quell’ultimo miglio, che compromette la nostra salute e quella del Pianeta.