Le irregolarità hanno coinvolto principalmente le frontiere, crocevia di migranti e richiedenti asilo che sono stati privati dei loro diritti essenziali. Anche l’Italia ha le sue responsabilità
L’articolo 7 del Trattato sull’Unione Europea dice a chiare lettere che è considerata la possibilità di “sospendere i diritti di adesione all’Unione europea (ad esempio il diritto di voto in sede di Consiglio) in caso di violazione grave e persistente da parte di un paese membro dei principi sui quali poggia l’Unione (libertà, democrazia, rispetto dei diritti dell’uomo, delle libertà fondamentali e dello Stato di diritto)”.
Nel 2021 si è inasprita la militarizzazione alle frontiere tra Bielorussia e Polonia, che ha comportato respingimenti irregolari e violenze fisiche sui migranti; Croazia, Grecia, Cipro, Ungheria, Slovenia, Spagna, Lituania, Lettonia e Polonia hanno modificato la propria legislazione per dare una copertura legale a queste pratiche illecite.
La Danimarca, per molti esempio di democraticità e buona amministrazione, ha adottato una norma che permette di trasportare i richiedenti asilo in Paesi Terzi, quali ad esempio la Libia, contravvenendo alle direttive europee sull’accoglienza. La Francia ha intrapreso una politica severa e scorretta di scoraggiamento dell’immigrazione. Le condizioni degradanti dei rifugiati, posti in stato semidetentivo al confine con il Regno Unito, ne sono la dimostrazione.
E l’elenco non finisce qui. La virata reazionaria dell’Unione europea risulta chiara anche dagli attacchi di Polonia ed Ungheria contro le persone LGBTQ. Le associazioni umanitarie continuano a portare sostegno alle vittime di soprusi e ad intraprendere battaglie legali, ma se la “madre Europa” non interviene non c’è molto da fare.
Human Rights Watch, un’organizzazione non governativa internazionale che si occupa della difesa dei diritti umani, nel suo ultimo rapporto denuncia la forte discrepanza che l’Unione europea attua tra intenzioni e pratica. In sostanza la Carta metterebbe al sicuro determinate categorie a rischio, ma fuori dal nero su bianco la realtà è ben diversa.
Come sottolinea AGI, “l’organizzazione denuncia il supporto dato da Bruxelles anche nel 2021 a regimi che commettono abusi pur di tenere i migranti e i richiedenti asilo lontani dalle sue frontiere“.
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Benjamin Ward, vice direttore per l’Europa e l’Asia Centrale di Human Rights Watch, afferma: “In un momento in cui le persone soffrono e vedono i loro diritti minacciati dentro e fuori dal territorio comunitario, abbiamo bisogno di una Unione europea disposta a schierarsi in loro difesa“, ed invece “in più di un’occasione abbiamo visto che l’impegno dell’Unione europea sui diritti umani tende a vacillare quando il gioco si fa duro”.
E l’Italia non è da meno. In un editoriale di Altreconomia si riporta l’odissea dei migranti sul confine italo-francese. La “fortuna” è che in quella specifica zona esistono numerose attività di sostegno e monitoraggio da parte di associazioni umanitarie, che cercano di ripristinare i diritti umani violati dalla militarizzazione della frontiera.
È accettabile che i principi fondanti dell’Unione europea vengano barattati con una coltre di omertà, in nome della tanto millantata sicurezza? Tornando all’articolo 7 del Trattato sopracitato, Bruxelles non valuta minimamente di sanzionare gli Stati che contravvengono al principio di accoglienza, o che portano avanti respingimenti violenti alle frontiere, anche se su carta i presupposti ci sarebbero tutti. Il problema è che quando tipo di violazioni diventa una consuetudine, con il supporto ed il consenso delle istituzioni, i diritti umani vengono privati del loro ruolo principale, la possibilità di tutelare tutti gli individui, senza discriminazione alcuna.