Lo spreco alimentare è una pratica che va in direzione contraria all’idea di sostenibilità dei consumi. Cittadini e supermercati ne sono consapevoli
Il 5 febbraio è stata la giornata nazionale di prevenzione dello spreco alimentare. L’Osservatorio Waste Watcher International, con l’occasione, ha diffuso alcune importanti informazioni. Tra queste spicca che gli italiani sono sensibili allo spreco alimentare, ed attuano strategie per contenerlo. Prima fra tutti, l’acquisto degli alimenti che scadono prima. Poi l’odorare una pietanza scaduta prima di gettarla, così da tentare un recupero.
Secondo le statistiche sono i single a buttare più cibo, mentre le famiglie numerose no. Tra gli alimenti più sprecati ci sono la frutta e la verdura fresche, magari acquistate e depositate nel frigo per giorni. Anche le aziende di distribuzione alimentare sono sensibili al “no waste”. Ad esempio, la catena NaturaSì. Fausto Jori, amministratore delegato dell’azienda, commenta: “Il concetto stesso di spreco alimentare va contro uno dei valori fondanti dell’agricoltura biologica e biodinamica”.
Alla base della naturalità di un prodotto ci sono anche delle “ciambelle che non escono col buco”. Il che significa prodotti dall’estetica non proprio rispondente alle attese. Fino a pochi anni fa esistevano nella normativa europea delle indicazioni precise su dimensioni massime dei prodotti quali verdura e frutta, e delle specifiche addirittura per la curvatura massima di un cetriolo.
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Spiega meglio Jori: “Portiamo in negozio anche i prodotti un po’ più grandi o un po’ più piccoli o semplicemente dalla forma insolita, ma buoni lo stesso perché contenenti le identiche proprietà nutritive di qualsiasi altro prodotto biodinamico e biologico, coltivati nel rispetto dell’ambiente e del lavoro degli agricoltori. Un vantaggio per tutti: con questo progetto passiamo da un 20% circa di prodotto scartato sui campi a un 4%. I prodotti CosìperNatura, inoltre, sono venduti con una riduzione di prezzo che arriva fino al 50% rispetto agli altri”.
Tutte queste iniziative sono senza dubbio nobili, ma in realtà, a ben riflettere, la società dei consumi così come la conosciamo implica necessariamente degli sprechi. Si pensi solo a tutto l’invenduto di un ristorante che finisce nel cassonetto.
Per proporre un menu ampio e variegato, gli esercizi di ristorazione devono fare numerose preparazioni prima di conoscere il numero dei clienti. Quindi è ovvio che nella maggior parte dei casi parte del cibo verrà gettato, ed il costo dello spreco finirà nelle tasche dei clienti. A conti fatti, un reale contrasto agli sprechi alimentari passa necessariamente per una messa in discussione della società dei consumi.