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Pesca, servono nuovi accordi a causa dei cambiamenti climatici

I cambiamenti climatici stanno influenzando la pesca, le specie marine migrano e servono nuovi accordi internazionali

(Myriams-Fotos – Pixabay)

Il lockdown ci ha tenuti per due mesi a casa imponendoci nuovi stili di vita e dando respiro alla natura. Molti studi, anche sul nostro territorio, hanno appurato come l’acqua dei mari e dei fiumi fossero migliorati durante i due mesi di lockdown, portando i pesci a vivere meglio evitando, tra le tante cose, l’inquinamento acustico.

Da un anno le attività di pesca hanno ripreso con la stessa costanza di prima e assieme ai cambiamenti climatici, oggi ci ritroviamo ad affrontare diverse conseguenze.

Disastro annunciato o i nuovi accordi invertiranno la rotta per la pesca?

(fikret kabay – Pixabay)

Le temperature aumentano e il caldo ha portato molte specie marine a spostarsi. Migrano dai propri habitat sconvolti dalle nuove temperature e creando disequilibri sia in termini internazionali che biologici.

Le ZEE sono le zone economiche esclusive, questo significa che determinate porzioni di mare sono di uno Stato costiero che ne possiede i diritti sovrani. Come viene ripetuto dallo studio su Global Change Biology, entro il 2030 il 23% circa delle risorse ittiche si sposterà dal suo ambiente naturale salendo del 45% entro il 2100.

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La questione della migrazione diventa così politica ed economica, indipendentemente dalla comunità scientifica che chiede di ridurre le emissioni inquinanti di gas serra.

Gli accordi fatti tra Stati decenni fa non potrebbero essere più validi di fronte a questa emergenza ecologica. Bisognerà ridisegnare questi accordi per evitare recriminazioni tra le ZEE. La pesca, quanto l’allevamento intensivo, è un mercato miliardario: 76 miliardi,  questa la cifra stimata per la pesca di specie transfrontaliere.

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Il giro di denaro favorirà alcune zone costiere, altre si vedranno costrette a richiedere l’accesso alle risorse ittiche perdute per il surriscaldamento globale. Bisognerà capire se i paesi decideranno di dividere le proprie risorse, fare pagare alle zone limitrofe una tassa o condividere i profitti

Ciò che è certo è che dal 2005 che i cambiamenti sono in corso e ancora nessuno ha pensato di regolamentare la situazione precaria. La pesca non è ormai da considerarsi a lungo sostenibile se non si giungono a nuovi accordi, anche come consigliato da molti scienziati. Bisogna fare qualcosa subito.

Pubblicato da
DMM Company