Il turismo di massa compromette le tradizioni gastronomiche italiane, il fenomeno della “turistificazione” ed i suoi effetti negativi

Ciò che un tempo era l’esplorazione e la curiosità per la cucina italiana ormai è diventato un percorso gastronomico adattato ai gusti dei turisti

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(unsplash)

Quando si riflette su come i flussi migratori abbiano modificato la struttura culturale dell’Italia si dovrebbe includere anche il fenomeno del turismo di massa, che ha letteralmente invaso le città d’arte negli ultimi 20 anni. Lo zampino senza dubbio è partito dai voli low cost, che se da una parte hanno consentito una maggior “democratizzazione” del turismo, dall’altra l’hanno reso “mordi e fuggi”, allontanando il turista dall’esperienza del visitare luoghi altri, e portandolo in un parco giochi per lui preconfezionato.

Non stupisce quindi che anche la tradizione gastronomica italiana, vanto per eccellenza e differenziazione territoriale, ne sia stata compromessa. I circuiti turistici lasciano ben poco all’immaginazione, stanno diventando sempre più simili all’immaginario collettivo del luogo che si visita. In questo modo la cultura si depaupera della propria identità storica ed antropologica.

I ristoranti che servono piatti “tradizionali”, in realtà hanno imparato ad eliminare dai menu tutto ciò che può risultare inconsueto per uno straniero, come ad esempio le frattaglie, e reso i piatti sempre più simili a come un turista li può immaginare. Questo comporta delle conseguenze negative non solo per la perdita culturale di una gastronomia ereditata oralmente, ma anche per gli abitanti delle città d’arte, i cui servizi sono quasi totalmente asserviti alle necessità turistiche.

Le città si svuotano, di persone e di significato, e rimangono solo i monumenti, che per quanto belli non possono sostituire l’estetica travolgente di una città vissuta. Secondo la definizione di Friedrich von Borries, questo fenomeno si chiama “turistification“, tradotto in italiano come “turistificazione”.

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Con la pandemia anche il settore turistico ha subito un crollo, ed inizialmente si poteva auspicare che con la ripartenza si tenessero in considerazione maggiormente i criteri di sostenibilità del turismo di massa. Non è stato così: la direzione è opposta. La necessità di implementare nuovamente il fatturato del settore turistico sta spostando ancora di più gli esercizi commerciali, come quelli di ristorazione, verso un adattamento ai gusti esteri.

Ed andando avanti così dove finiranno le tanto note tradizioni locali, di cui molti personaggi pubblici usano riempirsi la bocca? Il turismo di massa è un fenomeno incalzante, e non si può pensare di non farlo dialogare affatto con la città, ma è necessario che si integri con gli usi e costumi locali. Chi si può permettere di offrire al prezzo migliore un pasto “tradizionale”? Senza dubbio chi ha alle spalle una grande impresa, con un giro di affari tale da potersi permettere questo lusso.

Di conseguenza, piccoli artigiani, commercianti, osterie etc. stanno sparendo dall’estetica delle città per lasciare posto alle grandi catene di ristorazione che sanno come occhieggiare al turista medio, che ormai privo di curiosità cerca solo il modo più economico e rapido per “consumare” la città, per poi lasciarla senza alcuna nostalgia.

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