Un nuovo studio che coinvolge tra gli altri gli esperti di US Right to Know, ha esaminato i rapporti che ci sono tra quelli che possiamo ragionevolmente considerare i maggiori attori dell’agroindustria mondiale e la comunicazione che dei prodotti si fa
Il titolo dello studio rilanciato anche dai colleghi de Il Salvagente, è il seguente : “Confronto sui potenziali ‘Front Group’ dell’Industria agroalimentare: studio sulla comunicazione nutrizionale del Consiglio Internazionale delle Informazioni sul Cibo (Ific ndr) attraverso documenti di archivio UVSF“. Si tratta di uno studio particolarmente interessante in questo periodo in cui la fiducia nella scienza sembra essere allo stesso tempo più salda e più vacillante che mai.
Nelle informazioni di background si fa proprio riferimento alla fiducia pubblica nella scienza e al fatto che da più parti ci si preoccupi che questa si sia erosa nel tempo, e tra le possibili cause di questa erosione della fiducia ci sarebbero anche i velati interessi che starebbero inquinando le informazioni riguardo ciò che conosciamo sul cibo.
Al centro del paper pubblicato su BMC ci sono i documenti che appartengono allo Ific, International Food information Council. Lo Ific è un gruppo finanziato dalle maggiori aziende che si occupano a vario titolo di cibo e che è legato anche alla Fondazione Ific.
Il problema che emerge dallo studio è che molto probabilmente Ific non sarebbe “una organizzazione neutrale“, così scrivono gli autori dello studio, e che le attività di comunicazione “dovrebbero essere viste come attività di marketing e pubbliche relazioni per l’industria alimentare”. Nello studio viene riportato il caso di Monsanto. Monsanto è una società che ormai tutti sul pianeta conoscono a causa del glifosato, diserbante per cui sono stati identificati rischi di cancerogenicità.
Ma c’è anche, sempre riportato nello studio, il caso della comunicazione riguardo lo zucchero e le bevande zuccherate. Nello studio si legge: “le comunicazioni di Ific sono da tempo fonte di controversie. Di recente , Bellatti e altri hanno criticato Ific e la Fondazione associata come ‘front group‘ per il modo in cui si è espressa con forza contro il ruolo dello zucchero e delle bevande zuccherate nel fenomeno dell’obesità”.
Alla luce di tutta la documentazione, anche aziendale interna, su cui il gruppo di studio è riuscito a mettere le mani il consiglio che si trova negli ultimi paragrafi dello studio è quindi quello che si dovrebbe percepire il lavoro che Ific e la Fondazione fanno come marketing per l’industria agroalimentare. Quello che dovrebbe accadere è che Ific dovrebbe rendere noti i finanziamenti che riceve “compresi chi li invia, l’ammontare e lo scopo“.
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Nel paragrafo, decisamente illuminante, si consiglia anche di partire dal presupposto che Ific in un certo senso lavori per l’industria agroalimentare e di limitarne le “partnership con le organizzazioni internazionali per la salute fino a quando saranno disponibili prove robuste che dimostrino che sono stati affrontati questi conflitti di interesse”.
Il problema della comunicazione e di come essa possa essere manipolata, pone un rischio che corriamo ogni volta che dietro un prodotto, un evento, qualunque cosa, ci sono degli interessi economici che potrebbero influenzare proprio quella comunicazione. E se neanche quella che percepiamo come comunicazione imparziale e scientifica lo è davvero, la crisi di credibilità della scienza nel suo complesso è inevitabile.