I sostituti della carne riducono di poco l’impatto ambientale dell’allevamento intensivo, lo conferma uno studio USA

I sostituti vegetali della carne vengono utilizzati principalmente in luogo della carne macinata, ma non è abbastanza per un reale cambiamento sull’impatto ambientale della filiera alimentare

veg burger
(unsplash)

I burger vegani o vegetariani ormai hanno preso largo spazio in tutti i supermercati. La convinzione diffusa è che un maggior utilizzo dei succedanei vegetali della carne, che ne imitano il sapore, sia una scelta più green e sostenibile. Invece, lo studio “Impact of plant-based meat alternatives on cattle inventories and greenhouse gas emissions”, pubblicato su Environmental Research Letters da Jayson Lusk (Purdue University), Dan Blaustein-Rejto, Saloni Shah (The Breakthrough Institute – Berkeley) e Glynn Tonsor (Kansas State University), dimostra che è una falsa credenza.

Questo porta innanzitutto a ridurre il mito che sia il consumatore ad orientare le scelte del mercato. Dalla ricerca emerge ad un aumento del consumo dei sostituti vegetali del 23% corrisponderebbe solo un calo dell’1,2% nella produzione di carne macinata, che equivarrebbe ad un calo dello 0,15% nella produzione di bestiame negli Usa.

Oltre alla salute animale compromessa dagli allevamenti intensivi, la domanda eccessiva di carne su scala mondiale aumenta non poco il gas serra, dovuto alle emissioni di metano del bestiame. Con i sostituti della carne in circolazione, a parere dello studio, la riduzione di CO2 sarebbe solo dello 0,34%.

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Quindi i burger vegetali non sono una soluzione all’impatto ambientale dei consumi della filiera alimentare. Il problema è più ampio, e comprende accordi internazionali di import-export di carne bovina macellata. E quelli non si possono toccare, troppi interessi sono in gioco. La scelta del consumatore può rivelarsi etica in senso individuale, ma con uno scarso impatto al livello globale.

I ricercatori sostengono che “per comprendere i benefici climatici del cambiamento alimentare, non è sufficiente guardare semplicemente ai cambiamenti in ciò che le persone mangiano. Dobbiamo anche esaminare come questi cambiamenti influenzino la produzione effettiva di diversi tipi di alimenti”.

In sostanza ciò che serve è una ridiscussione globale dei trattati e della filiera alimentare nel settore carni. E non è molto semplice da scalfire. Solo un’estrema consapevolezza delle parti in causa e un interesse reale per una conversione ecologica della filiera può apportare cambiamenti significativi.

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