Non è lecito dichiarare dei principi etici di un’azienda quando non vengono portati avanti fino in fondo. Gli attivisti di Plastic Rebellion accusano l’azienda di greenwashing, e la Innocent si difende pubblicamente
La sostenibilità ambientale delle imprese è un principio etico che dovrebbe riguardare tutta la catena di produzione, non soltanto la facciata pubblicitaria. Ed invece sono sempre più frequenti i casi di aziende accusate di greenwashing. E’ un termine anglofono per descrivere come attraverso precise strategie di marketing, sviluppate ad hoc in un momento storico in cui l’ecologia va per la maggiore, le aziende “ripuliscano” l’impatto ambientale negativo delle loro fasi produttive.
Infatti una cosa è attuare programmi per contenere gli impatti negativi sull’ambiente, altro è vantarsi di un valore positivo che non si possiede. Se un prodotto viene pubblicizzato come sostenibile ecologicamente, la sua produzione non dovrebbe apportare alcuna conseguenza negativa sull’ambiente.
Da un articolo dei colleghi de “Il Fatto alimentare” apprendiamo che gli attivisti dell’associazione “Plastic Rebellion” hanno accusato la Innocent, azienda che fabbrica smoothie e succhi di frutta. E’ vero che i prodotti sono popolari perché realizzati con frutta fresca e non contengono additivi o edulcoranti, ma una cosa è la salubrità di un prodotto, altro è il rispetto per l’ambiente nella filiera produttiva.
Una sentenza dell’Organizzazione per l’autoregolamentazione del settore pubblicitario del Regno Unito ha di recente bocciato lo spot della Innocent, in cui l’azienda si vantava di portare avanti la lotta contro il cambiamento climatico. Lo stabilimento di Rotterdam della Innocent produce circa 32mila bottiglie di plastica l’ora, e questo non può essere coerente con un’immagine pubblica di filoecologismo.
In più, nel 2013 la Innocent è stata acquistata da Coca-Cola Company, azienda considerata per il quarto anno consecutivo la maggior inquinatrice da plastica. Evidentemente ci sono delle contraddizioni di fondo tra la facciata e la sostanza, che giustificano l’accusa di greenwashing.
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La Innocent da parte sua si difende rivendicando la sua appartenenza al circuito delle B Corp, una certificazione internazionale rilasciata alle imprese che hanno dimostrato un contributo ambientale.
Senza puntare eccessivamente il dito contro la Innocent, qui non viene messa in discussione la direzione filoambientalista della società, che ha dichiarato il proprio impegno a portare le emissioni a zero ed a riciclare le bottiglie di plastica entro il 2030. Sotto accusa è lo spot inglese, che evidenzia informazioni fuorvianti, e che per questo motivo è stato vietato nella sua forma originale, dato che l’azienda non può vantare meriti che ancora non ha acquisito.