I tipi di buoni fruttiferi sono tanti, e sono diversi anche i tassi di interesse applicati in base a quando si è sottoscritto l’acquisto
I buoni fruttiferi postali sono tra le modalità d’investimento privilegiate dagli italiani. Anche con il coinvolgimento nel mercato azionario dei piccoli risparmiatori, il buono fruttifero non ha perso il suo appeal. In parte perchè i tassi d’interesse sono più sicuri. Dall’altra è rassicurante la garanzia statale. Inoltre il buono fruttifero si può acquistare e lasciare lì per anni, con la consapevolezza che non ci saranno brutte sorprese. Anzi, a volte ci sono sorprese buone.
Come in questo caso. Una donna che aveva acquistato un buono fruttifero cartaceo datato, aveva investito 5 milioni di vecchie lire. Oggi, nel riscuotere la somma, scopre piacevolmente che il rimborso è 26 volte maggiore alla cifra originaria. Perché?
Buoni fruttiferi postali, quando i rimborsi sono molto vantaggiosi
In realtà tutto è nato da una situazione particolare dell’emissione dei buoni. Dall 1986, i buoni serie Q, i più redditizi, sono stati sostituiti da quelli della serie P, con tassi d’interesse minore. Ma Poste ha continuato ad utilizzare i moduli della serie Q apponendo un timbro con la P.
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Dopo 30 anni, i risparmiatori hanno voluto riscuotere il buono cartaceo, e Poste aveva intenzione di corrispondere i tassi di interesse della serie P. Almeno 3.000 risparmiatori hanno citato in giudizio Poste Italiane, pretendendo il rimborso della serie Q, equivalente al 9 /11/ 13 e 15%. Il tribunale ha dato ragione ai risparmiatori.
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L’ultima sentenza, tra le più eclatanti, ha coinvolto una donna che aveva investito 5 milioni di vecchie lire, pensando che dopo 30 anni ne avrebbe ricevuti 28.000, come Poste aveva promesso. Invece, in seguito alla sentenza, la donna ha incassato 65.000 euro. Gli avvocati che hanno curato la causa per conto dei risparmiatori esortano i cittadini a verificare se possiedono buoni fruttiferi della serie Q. In quel caso possono richiedere un rimborso maxi.