Il regolare pagamento delle tasse evita il blocco della pensione, ma un modo per non rischiare c’è anche per chi è in debito. Vediamo quale
Le oggettive difficoltà economiche del momento che stiamo vivendo – ogni categoria secondo la propria misura – hanno richiesto un tempo di posticipazioni, deroghe e proroghe. È (o dovrebbe essere) stato il tempo necessario per rimettersi sufficientemente in sesto; ma, certo, la prima priorità da affrontare – che poi è la sorgente dei debiti – è quella della elargizione delle tasse allo Stato, che fossimo titolari di un’attività commerciale o proprietari di un bene mobile o immobile.
Perciò prima o poi giunge il momento di trovarsi di fronte al servizio riscossione dell’Agenzia delle Entrate ed è bene quindi regolare per tempo la propria situazione tributaria per non avere a che fare con le inevitabili conseguenze che vengono definitivamente messe in moto dopo un buon numero di avvisi bonari, diffide o ingiunzioni. Se qualcosa ha impedito di apprestarsi adeguatamente per tempo, avverrà l’imminente recapito della cartella esattoriale; tuttavia, una piccola strategia d’uscita per schivare gli effetti economici peggiori delle sanzioni, non manca.
I contribuenti alle prese con debiti fiscali o tributari incorreranno immancabilmente nei provvedimenti di esecuzione forzata emessi dall’Agenzia delle Entrate tramite il servizio Riscossione. Ciò significa andare incontro al fermo amministrativo (per coloro che posseggono un’auto), a confische dei beni e a varie forme di pignoramento; tra queste ultime, il Fisco può mettere mano anche sulla pensione come ulteriore fonte da cui attingere per il recupero dei crediti nei confronti dei cittadini debitori.
Essendo per il contribuente una fonte certa, la pensione è facilmente posta sotto l’obiettivo dell’Agenzia delle Entrate che in tale circostanza applica il cosiddetto pignoramento presso terzi: l’indebitato non è impegnato al pagamento di persona, ma sarà l’Inps che medierà tra l’Agenzia e il pensionato trattenendo l’imposta alla liquidazione mensile del trattamento pensionistico, fino al completo rimborso dell’importo a credito.
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L’Agenzia delle Entrate, però, non può entrare in possesso, ogni mese con l’ausilio dell’Inps, dell’intera cifra della pensione: la riscossione deve rispettare dei precisi limiti di tollerabilità da parte del pensionato; idem se ad essere intaccato è il conto corrente dello stesso. Viene impiegato un parametro, aggiornato annualmente, chiamato minimo vitale, ossia la soglia minima di soldi sufficiente ad persona per vivere decorosamente.
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L’assegno sociale è il riferimento di partenza, stimato, quest’anno, a 468,10 euro; per l’anno 2022, il minimo vitale equivale a 1,5 volte l’assegno sociale (702,15 euro). L’Inps può trattenere solo una quota pari a 1/5 della pensione, ovvero il 20%, se è l’Ente stesso il creditore; se è l’Agenzia delle Entrate il limite si riduce a 1/10. Se la pensione supera il 2.500 euro mensili, quest’ultima trattiene 1/7 di quota; 1/5, ai pensionati che ricevono dai 5.000 in su.