Smart Working, istituito un Osservatorio per verificarne i risultati

Sotto osservazione lo smart working per volere del Ministro del Lavoro Andrea Orlando. Il lavoro è davvero più agile e flessibile?

osservatorio smart working
Smart Working (Foto Unsplash)

Prima della pandemia non se ne aveva notizia, se non su articoli che ritraevano professionisti che svincolando il lavoro dalla sede geografica, sorridenti viaggiavano per le destinazioni più esotiche, sempre con il loro laptop al seguito. E da qui il termine smart ha iniziato ad assumere il proprio significato. Ma lo smart working comprende anche concetti lavorativi come snellezza e flessibilità, valori propri del mondo contemporaneo.

Dopo due anni abbondanti di sperimentazione, anche per i lavoratori con uffici fisici esistenti, è il momento di tirare le somme. Se ne occuperà un Osservatorio istituito ad hoc per volere del Ministro del Lavoro Andrea Orlando. Sarà composto da un pool di 25 professionisti, tra cui esponenti dei sindacati di base.

L’Osservatorio avrà la durata di un anno salvo proroga, e sarà impegnato ad analizzare a valutare le pratiche più efficienti di lavoro, misurare i risultati conseguiti dal lavoro smart e verificare la contrattazione per i lavoratori impiegati in questa modalità.

Il 7 dicembre 2021 sono state definite delle linee di indirizzo attraverso il Protocollo nazionale sul lavoro agile, che si proponeva di inserire anche riferimenti normativi alle conseguenze futuribili dell’accelerazione digitale. L’Osservatorio valuterà la congruenza tra la prassi e le linee d’indirizzo stabilite.

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Ormai smart working è entrato nel vocabolario e nella vita delle persone. Ed anche ora che l’emergenza sanitaria è formalmente terminata si procede ad utilizzare quest’opzione professionale. Come cambierà le dinamiche del lavoro? E’ ancora difficile stabilirlo. Per ora si è ancora nel campo della teoria, ma tra apocalittici ed integrati si possono facilmente ipotizzare scenari futuri.

Il problema è che finora nel nostro Paese il lavoro non è stato davvero “smart“. Sostanzialmente è stato semplicemente lavoro da casa, con la complicazione della totale responsabilità del funzionamento dei mezzi informatici da parte dei lavoratori. Parecchi di loro hanno lamentato orari di gran lunga maggiori. Il lavoro davvero smart dovrebbe essere improntato sulla tanto citata flessibilità e facilitazione, e che non sia ad appannaggio solo dell’azienda.

Per cui si attendono con molta curiosità i risultati dell’Osservatorio, che possano valutare la declinazione che davvero lo smart working ha assunto in Italia. Scollare una professione dal contesto lavorativo per sostituirlo con uno virtuale può essere un bene o un male. Ma non va osservato in termini qualitativi, piuttosto come potenzialità per il futuro. Ma è necessario che le risorse umane rimangano professionalmente valorizzate. Il rischio più grande forse è perdere l’identità nella relazione lavorativa.

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