Referendum on line: per il Garante, sulla privacy c’è ancora da lavorare

Ancora troppe carenze sulla strada verso le consultazioni dirette in rete, a parere dell’Autorità Garante. Cosa non va

Referendum on line: per il Garante, sulla privacy c'è ancora da lavorare
Referendum (Foto Adobe)

Viviamo nel tempo della Rete, dell’interconnessione globale, delle realtà integrate. In una dimensione del genere tutti gli aspetti della quotidianità si stanno progressivamente normalizzando al volere dell’algoritmo, da quelli più astratti (l’istantaneità comunicativa, la vastità dell’ampio mondo di informazioni) a quelli – per così dire – più concreti (gli apparecchi e i servizi integrati permanentemente alla rete).

Siamo all’alba di un altro “tipo” di vita: quello della democrazia diretta in rete. Sì, perché anche i governi e le loro istituzioni – gli Stati, in senso più ampio – non sono immuni dal discorso di una rivisitazione concettuale di definizioni antiche di millenni, in seno all’esponenziale progresso della tecnologia che rende a ritmo giornaliero passato ogni futuro appena intravisto. La democrazia diretta: si sono svolti, anche in Italia, i primi esperimenti di arene telematiche, legate alle chiamate interne dei partiti ai loro elettori per saggiare gli umori consensuali su determinati temi politici o su scelte di candidature.

In Italia, un succedaneo dell’ultima frontiera del parere popolare ci viene offerto dalla storia repubblicana, ovvero il referendum. Come sappiamo, da noi il referendum è solo di tipo abrogativo, così come prevede l’articolo 75 della Costituzione Italiana; esso viene richiesto dagli stessi cittadini per sancire l’eliminazione di leggi o decreti-legge in modo totale o parziale. Ora, il salto sembra davvero grande se pensiamo che tutto questo lo si vuole portare sulle autostrade del web (garanzie costituzionali incluse).

Questo lungo processo di rinnovamento è attualmente sotto la attenta valutazione dell’Autorità Garante per la Privacy. Proprio sul parere reso al Ministero per l’Innovazione Tecnologica circa lo schema di DPCM che fissa le regole della piattaforma per la raccolta delle firme per referendum e progetti di legge, il Garante per la protezione dei dati personali si è espresso in termini non propriamente lusinghieri.

L’Autorità ha intravisto ancora troppi profili di criticità, in considerazione di un provvedimento che incide in profondità sugli istituti di democrazia diretta costituzionalmente garantiti. Il testo, nella sua versione odierna, manca di “adeguate tutele per il pieno rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali dei cittadini”.

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Ciò che oggi si sta progettando è una piattaforma per la raccolta delle firme, formata da un’area pubblica e un’area privata; una che permette la consultazione delle proposte referendarie e delle proposte di legge popolare, e una dove accede il personale dell’ufficio per il referendum presso la Cassazione, i promotori e i cittadini che intendono sottoscrivere le proposte.

A questi soggetti, la Costituzione conferisce loro funzioni costituzionalmente garantite; in sostanza mette loro in mano la delicata raccolta dei dati personali dei sottoscrittori, la verifica della loro iscrizione nelle liste elettorali, nonché il deposito delle firme autenticate. Il DPCM introduce ulteriori soggetti, quali: il gestore della piattaforma, scelto dalla Presidenza del Consiglio, e la Presidenza del Consiglio stessa, impegnata nella realizzazione della piattaforma e nell’inserimento dei dati dei cittadini.

Il gestore della piattaforma si occuperà dell’intero sviluppo tecnologico dell’infrastruttura e della redazione, in maniera del tutto autonoma, di un relativo manuale operativo. Il mancato coinvolgimento del Garante alla compilazione del manuale da parte di un soggetto non ancora identificato, è esattamente l’oggetto del giudizio negativo.

Le scarse garanzie in materia di protezione dei dati personali palesano, infatti, tanto il dato sulla partecipazione alla consultazione referendaria quanto le opinioni e la posizione politica del sottoscrittore. In attesa di una profonda revisione del testo, il Garante ha fornito al Ministero le osservazioni alle quali attenersi per evitare il verificarsi di trattamenti non conformi ai dati.

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