La pratica illegale del “nero” è ancora molto diffusa ma le sanzioni previste dalla norma la rendono sempre meno conveniente. Vediamo come
È una delle sottili patologie dei grandi centri urbani ma detiene ancora una buona diffusione un po’ in tutta la penisola. Sarà forse l’arcaica eredità degli accordi verbali – la famigerata “stretta di mano” – fra due o più parti, che possedevano un vero e proprio valore legale (di una legge molto intima e personale), fatto sta che le locazioni in nero sono ancora un fenomeno tenuto saldamente in vita.
La scelta dell’affitto a nero è spesso dettata da una erronea credenza che si possa notevolmente risparmiare, sia da parte del proprietario che da quella dell’affittuario, in termini di spese di registrazione del contratto e tasse; da un altro lato, più culturale, che si limare gli importi necessari per coprire gli oneri di legge o, più semplicemente eliminarli, sia una pratica obbligata dalle circostanze di caro affitto e carenza di disponibilità economica che affliggono particolarmente tante grandi città.
Affitto senza contratto, quanto davvero convenga abitare illegalmente?
All’inseguimento di questa ben nota pratica illegale vi è una normativa ad hoc, la quale include un pacchetto di oneri e sanzioni che colpiscono tanto l’affittuario quanto il proprietario dell’abitazione, ma scaglionando la severità delle multe in modo da dare il tempo alle parti di redimersi e rimettersi in carreggiata con le regolarizzazioni di legge. Il tutto per contrastare quello che è un doppio vantaggio, a seconda del ruolo che si ricopre tra le due parti: per il proprietario, l’omissione del versamento delle imposte; per l’inquilino, il risparmio squisitamente legato dalla disponibilità di pagare meno l’affitto mensile.
Quanto veramente convenga rispetto ai rischi di dover pagare salatissime sanzioni? I contratti di affitto in affitto in nero vengono realizzati principalmente secondo due modalità, scritta e verbale. Se per la prima, non viene messo nulla nero su bianco, per la seconda, viene preso l’accordo tramite una semplice scrittura privata, la quale non viene trasmessa, per incarico del locatore, all’Agenzia delle Entrate. Sì, perché il fattore che connota la condotta illegale è proprio la mancata registrazione del contratto presso l’Ufficio erariale.
Non provvedendo alla registrazione, il proprietario evade l’imposta di registro e l’imposta sui redditi. In ciò, il contratto a nero che si stipula può essere di due tipi: totale, dove viene omessa la registrazione; parziale, dove il proprietario stabilisce e mette per iscritto un importo, ma l’inquilino ne paga uno superiore, consentendo al primo di pagare meno imposte. A queste condizioni, ovviamente, il proprietario non può ricorrere alla procedura di sfratto per morosità, né può richiedere un decreto ingiuntivo per riscuotere gli eventuali affitti arretrati.
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Al contrario, l’inquilino ha tutta la forza per richiedere la restituzione dell’affitto pagato in nero. Alla scoperta di un contratto di affitto in nero, il locatore va incontro alle seguenti sanzioni: al 60% al 120% dell’imposta non versata, se il reddito di locazione non è stato inserito dal locatore nel suo modulo 730; dal 90% al 180%, se il contratto registrato riporta un importo inferiore a quello effettivamente percepito. Sebbene in misura meno grave rispetto al proprietario, anche l’inquilino subisce delle conseguenze, e di natura fiscale.
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In fondo, entrambi i soggetti si sono resi responsabili di evasione fiscale. Anche l’inquilino pertanto rischia di ricevere una cartella esattoriale; ma può anche sporgere denuncia nei confronti del proprietario alla Guardia di Finanza; entrambi, però, risponderanno del versamento dell’imposta evasa all’Agenzia delle Entrate, maggiorata delle sanzioni. Oltre i regolari tempi di registrazione del contratto, cioè 30 giorni dalla sottoscrizione, il locatario può quindi richiedere il rimborso dei canoni mensili pagati in precedenza.