Il Governo e le parti sociali sono impegnati a trovare un accordo per l’uscita anticipata prima di 67 anni
La riforma delle pensioni è un tema sempre protagonista dei programmi delle varie legislature che si alternano. Sono ormai due decenni circa che si cerca una quadra tra le esigenze dei lavoratori e futuri pensionati e quelle delle casse pubbliche. Il nodo principale dal quale scaturiscono tante discussioni e norme che puntualmente vengono ridiscusse riguarda i costi.
Infatti, il sistema italiano non offre sicurezze per il futuro in termini di solidità del sistema. Questa incertezza è causata dal fatto che sono troppe le persone che non lavorano. A questo fattore bisogna aggiungere color che lavorano ma non versano contributi pari alle ore lavorare reali. la conseguenza è il rischio che il sistema in futuro possa non reggere i peso delle pensioni.
A questa dura faccenda delle ore di lavoro sommerse o della disoccupazione bisogna poi aggiungere le aspettative di vita che sono cresciute. I questo scenario è stata già siglata una riforma della legge ordinaria che prevede l’uscita a 67 anni con almeno 43 anni di contributi per gli uomini e 42 per le donne.
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L’oggetto delle discussioni e dei confronti non riguarda la legge ordinaria (legge Fornero) che resterà tale. Si ragiona sulle opzioni per uscire prima dei 67 anni da lavoro. Il tavolo permanente di confronto tra Governo e sindacati durerà almeno per tutto il 2022. Intanto è arrivata una proposta dal Governo; l’idea sarebbe quella di offrire l’opportunità di uscire a 64 anni.
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Tuttavia, secondo la proposta dell’Esecutivo, per attuare questo anticipo bisogna accettare una condizione: calcolare la pensione interamente con il metodo contributivo. Questo metodo è stato introdotto con la legge Dini nel 1995 ed è stato completato in via definitiva nel 2011 con la legge Fornero.
Per effetto di questo calcolo gli assegni di pensione relativi al lavoro prestato dal 1996 in avanti saranno calcolati con il metodo contributivo mentre chi ha prestato lavoro negli anni precedenti potrà godere ancora del metodo retributivo. La differenza è negli importi. Il metodo retributivo prevedeva il calcolo basato anche sugli ultimi stipendi lavorativi. Il metodo contributivo, invece, fa riferimento soltanto ai contributi versati.