Basta poche ma utili cautele per non trasformare un piacevole dono al figlio in un rischio al limite della legalità. Vediamo quali
Ci sono diverse ragioni perché un genitore possa effettuare un bonifico al proprio figlio: i genitori – come è giusto che sia – sostengono per anni le piccole e le grandi spese dei loro ragazzi; e talvolta le spese sono di entità importanti, tali da richiedere l’utilizzo del bonifico bancario. Altre volte, può trattarsi semplicemente di un affettuoso e generosissimo regalo fatto in nome del futuro dei più giovani della famiglia.
Che abbia una finalità utilitaristica o si voglia donare “una tantum” una somma ad una figlia o a un figlio, ricorrere allo strumento di un bonifico bancario o postale è sicuramente una scelta ottima e sicura, ma va adoperata con responsabilità, adottando poche ma efficaci precauzioni per dimostrare la trasparenza dell’atto nei confronti dell’istituto di credito e degli organi preposti al controllo.
Bonifico padre-figlio, esiste un margine consentito prima che scattino i controlli?
Un padre può trasferire del denaro al figlio per consentirgli di sostenere determinate spese, dall’acquisto dell’auto o il pagamento delle tasse universitarie, o semplicemente per non tenere vuoto il suo portafogli. Eppure non serve molto per attivare il sistema di verifica da parte dell’Agenzia delle entrate, laddove il Fisco è, in effetti, più sensibile, dove passa tutta la tracciabilità sotto la sua lente alla ricerca di cavilli: i bonifici.
Il consiglio più immediato ai papà è quello dare il vecchio e caro contante quando si parla di pagare somme davvero piccole. Se l’intenzione è invece quella di trasferire una cifra addirittura oltre i 2mila euro o solamente di mille euro (secondo il limite introdotto dal gennaio di quest’anno), allora non si può che procedere per pagamenti tracciabili, così come viene regolato dalle norme antiriciclaggio.
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Di per sé, la donazione di un genitore è altroché un’azione legittima e consentiva, ma sebbene essa non consta di obblighi dichiarativi, il Fisco non può che riservarsi l’appropriata attività di controllo per fugare qualsiasi sospetto; sospetti, tra l’altro, altrettanto legittimi: un contribuente, titolare di un’attività professionale, potrebbe, infatti, incassare del denaro a nero passandolo celatamente al padre, il quale provvede successivamente al subdolo girofondo sul conto corrente del primo.
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Il Fisco, nel caso suddetto, deve recuperare le imposte perse. La trasparenza risulta, dunque, la migliore pratica: indicare la causale e tenere traccia di ogni singolo movimento. Tornerà utile per dimostrare a un padre la provenienza del denaro per aiutare il figlio, privo di fonti di reddito, ad acquistare una casa, per esempio. Omettendo la causale, in caso di controllo, il figlio deve dimostrare che si tratti di una donazione, esente da ogni sorta di tassazione, eccetto che per cifre consistenti; ciò perché ogni bonifico ricevuto costituisce a prescindere, per il Fisco, un reddito imponibile.