Ricucendo le disuguaglianze, la periferia ritrova la sua identità nell’integrazione tra il territorio e il futuro sostenibile. Vediamo come
La periferia, prima ancora di comporre un nucleo abitativo e di aggregazione più o meno vasto nelle città, rappresenta un concetto che, nella visione comune, è portatore di una narrazione negativa. In effetti, molte realtà cittadine italiane – senza troppi complimenti – scaricano sulle periferie la deflagrazione di un disagio sociale e la collocazione abitativa delle fasce di cittadini più deboli.
La cultura di massa odierna non è così impreparata a superare quell’ologramma di “ghetto” che viene affibbiato alla periferia; negli ultimi anni, le grandi città, in particolar modo, sono state il teatro di benemerite iniziative di riqualificazione delle zone suburbane, grazie allo specifico sforzo di associazioni culturali o di iniziativa sociale, volto a restituire dignità a un tessuto sociale sovente logorato dalla trascuratezza delle politiche istituzionali.
Pertanto nelle periferie urbane, come luogo di contrasto sociale e ambientale, si è via via infiltrato un attivismo in grado di avviare processi di innovazione civica. Da questo abbrivio, ha avuto luogo, il 26 aprile scorso a Roma , il convegno organizzato da Legambiente, Forum Disuguaglianze e Diversità e Forum del Terzo Settore, dal titolo “Le periferie urbane. Dagli interventi straordinari alle politiche ordinarie”.
Un dibattito, quello sulle periferie, che non si è mai chiuso, ma che il convegno ha interpretato in una chiave nuova, gettato luce su una riflessione divenuta prioritaria, legata alle opportunità offerte dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR): un rimbalzo irripetibile per mettere mano a nuovi strumenti di intervento per capovolgere, come mai è stato fatto, le politiche rivolte alle periferie.
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Il baricentro delle priorità viene dunque spostato, dai termini finora emergenziali all’inedito disegno sul calco del progetto generale di transizione ecologica. Si tratta di occasioni uniche che vanno di pari passo a una sensibilità civica organizzata e programmata: i territori, i cittadini e la rete delle associazioni sono, insieme, messe al centro, di una co-programmazione territoriale e una politica integrata e pubblica.
L’idea di fondo è quella di mettere il piede sull’acceleratore nel processo di transizione ecologica, raggiungendo rapidamente i centri urbani partendo dalle periferie, dove stimolare interventi di efficientamento energetico, ma anche la mobilità sostenibile e la riqualificazione degli spazi pubblici e del verde; senza tralasciare il diritto energetico essenziale e la lotta alla povertà educativa. Non mancano esempi virtuosi già pienamente realizzati: la Comunità Energetica e Solidale di Napoli Est, i Giardini di Pitagora di Crotone, il progetto torinese di Piazza dei Mestieri, tra i tanti.
La giustizia climatica non può che fare la sua parte, fuori da ogni intenzione provvisoria; ed è un fattore niente affatto avulso dalle discriminazioni sociali. Infatti è nei tessuti periferici che “si manifestano – come ha spiegato Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – con più evidenza e forza distruttrice gli effetti della crisi climatica e le disuguaglianze sociali, senza che questo si traduca però, nei fatti, in un’azione di policy sistemica e non occasionale“.