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Poste, addio buono Obiettivo 65. E chi l’ha già sottoscritto?

Dalla metà di aprile non è più possibile sottoscrivere i buoni fruttiferi dedicati ai pensionati. Ecco cosa è successo

Buoni fruttiferi postali (Foto Adobe)

I buoni fruttiferi sono uno strumento storico che le Poste Italiane mettono a disposizione da generazioni di risparmiatori. Hanno permesso a molti di ritrovarsi un piccolo ma cospicuo tesoretto per poter affrontare il futuro, senza doversi impegnare in articolatissime forme di investimento che richiedono tempo, controllo costante e una discreta cultura finanziaria.

Da sempre, invece, sottoscrivendo un buono postale, l’importo impegnato non è soggetto a particolari oscillazioni percentuali; matura per un medio-lungo termine, con un rendimento, alla scadenza, interessante e, soprattutto, certo. Per questo è stato scelto da migliaia di famiglie, dove i genitori, sin dall’infanzia dei loro figli, hanno sottoscritto buoni di cui la prole ha beneficiato in età adulta. Ma Poste Italiane ha pensato anche ai più anziani.

Buono Obiettivo 65: quale fattore mette a rischio i rendimenti?

Buoni postali fruttiferi (Foto Adobe)

Nel corso degli anni, Poste Italiane ha elaborato anche buoni fruttiferi di breve termine, un modo per non tenere al sicuro una somma che presto servirà. Nella fattispecie, alcuni buoni sono stati stati studiati sulla base di determinate categorie di persone, come ad esempio per età; e non è detto che si debba subito pensare ai giovani. Ecco, infatti, il Buono fruttifero Obiettivo 65, pensato – come si può immaginare – per le persone più anziane, alle prese con un cambiamento di carattere previdenzale.

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Erano buoni sottoscrivibili fino all’età di 54 anni, la cui rendita (estremamente vantaggiosa) sarebbe stata goduta dai 65 fino al compimento degli 80 anni. Parliamo all’imperfetto, sì, perché da metà aprile questi buoni non vengono più emessi. Questo strumento, emesso da Cassa Depositi e prestiti, è stato indebolito dai colpi dell’inflazione, che per quanto la si voglia “passeggera”, in realtà, il rischio stimato era quello di esporre la  previdenza integrativa a concrete perdite del 60-70%.

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Sarebbe dunque venuto meno il trattamento fiscale di favore, inclusa la buona tollerabilità del carico fiscale. Ad oggi, in mancanza di alternative analoghe, la sola strada valida rimane quella dei titoli di Stato indicizzati all’inflazione (Btp Italia, Btp-i). In ogni caso, chi lo ha ricevuto, è bene salvaguardare il TFR.