All’apertura del testamento, agli eredi non potrebbero spettare la soddisfazione di un bene, bensì solo i dolori dei debiti. Debbono pagarli?
Il triste evento della morte di un proprio caro finisce ben presto per lasciare spazio alla “burocrazia” che la circostanza prima o poi ci palesa davanti; una burocrazia, la quale, a seconda del profilo – diciamolo pure – socioeconomico della famiglia, appare come un elemento più o meno disturbante, ma unanimemente indispensabile per dare continuità alla vita dei beni di famiglia.
Per evitare pertanto un’inutile dispersione o contrasti fratratricidi, i “superstiti” vengono convocati dal notaio per l’apertura del testamento. In taluni casi, i parenti possono entrare in possesso di beni includendoli tra le proprie rendite di vita; ma ciò avviene secondo il principio di accettazione dell’eredità, cui l’erede è investito facoltativamente: pertanto se esiste un’accoglimento, per il risvolto della medaglia, un erede può rifiutare la sua quota di lascito spettante.
Eredità: l’erede deve pagare i debiti del defunto in ogni caso?
Il patrimonio è sottoposto ad un passaggio, il quale non è né necessario né – come si deduce – automatico. In attesa del ricollocamento, l’eredità diventa giacente ed entra nella gestione seguita da un curatore, opportunamente designato dal Tribunale su richiesta degli interessati; questi ultimi, nel frattempo, hanno un tempo di dieci anni per decidere di prendere possesso o no dell’eredità.
Non è scontato che l’eredità risulti gradita; in altre parole, non è detto che il defunto lasci solo beni attivi, ossia rendite, denaro, beni mobili o immobili. Non manca chi non sia riuscito a evitare il rischio di lasciare passività, insomma, debiti (e, peraltro, soltanto debiti). La normativa è chiarissima nel definire che l’erede, in presenza sia di crediti che di debiti, si accaparra entrambi, ovviamente, previa l’accettazione del lascito.
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E in presenza di sole pendenze, l’erede è costretto ad accollarsele? La risposta è altrettanto chiara: assolutamente no, se non accetta l’eredità; l’erede rinunciante non è mai chiamato a rispondere dei debiti contratti dal defunto. Egli non deve neanche rispondere all’Agenzia delle Entrate, quando il Fisco comunica debiti per omessi versamenti di imposte e tributi.
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A margine del discorso c’è da dire che, pur accettando l’eredità, non gravano a suo carico le cosiddette “obbligazioni personali”, precipuamente non trasmissibili agli eredi: sanzioni amministrative del de cuius, multe stradali, alimenti e assegni di mantenimento, debiti di gioco o da scommesse. Diversamente, i familiari rinuncianti possono ottenere senza difficoltà il pagamento della pensione di reversibilità e delle eventuali polizze vita a loro intestate dal defunto.