Arriva dal sito ufficiale di FederBio un appello a tutte le istituzioni affinché il suolo come risorsa fondamentale imprescindibile torni al centro del dibattito globale, alla luce anche dei numeri raccolti dall’analisi fatta proprio dall’associazione e che dimostrano quanto anche da questo punto di vista il biologico possa essere la risposta alla crisi
FederBio, insieme a Legambiente, Lipu, Medici per l’ambiente, Slow Food e WWF ha infatti analizzato 24 terreni: 12 suoli agricoli coltivati con metodi tradizionali e 12 terreni contigui sui quali sono stati invece utilizzati metodi biologici di coltura. I risultati dimostrano ancora una volta come nei terreni in cui si sono evitati tutti i pesticidi tradizionali la quantità di contaminazione del suolo che rischia di renderlo inutilizzabile è di gran lunga inferiore.
I numeri, che andremo a vedere in breve, vanno letti alla luce di quanto pubblicato dalla FAO tramite la Global Soil Partnership nel rapporto Global assessment on soil pollution del 2021: “L’uso eccessivo e improprio dei pesticidi causa danni indesiderati a specie non target, mentre la persistenza nell’ambiente e i residui tossici possono impattare su specie utili e organismi non target, come gli umani, e possono contaminare le acque e i suoli a scala globale, incluse aree remote come quelle polari“.
Con l’espressione specie non target si identificano quelle specie che non sono considerate come dannose per le colture ma che, con l’utilizzo eccessivo dei pesticidi, finiscono con l’essere coinvolte e a lungo andare provocare squilibri. Per comprendere la pericolosità di questo basta tenere conto che tra le specie non target ci sono anche gli esseri umani.
Come sottolineato anche dal comunicato che accompagna il rapporto pubblicato sul sito di Federbio, i pesticidi rischiano poi di contaminare non solo il suolo, rendendolo inutilizzabile, ma anche le acque creando così un sistema malato nel suo complesso. Veniamo adesso ai numeri veri e propri dello studio portato a termine nell’ambito della campagna Cambia La Terra.
Nei 12 campi trattati in maniera tradizionale sono state ritrovate “20 sostanze chimiche di sintesi tra insetticidi, erbicidi e fungicidi. La sostanza più rilevata è il glifosato, che compare in 6 campi convenzionali su 12, seguito dall’AMPA, un acido che deriva dalla degradazione del glifosato“.
Vale la pena ricordare come il glifosato sia considerato un agente potenzialmente cancerogeno e quindi l’esposizione andrebbe limitata se non esclusa del tutto. Una brutta sorpresa è stato il ritrovare tra le sostanze chimiche anche alcuni prodotti che non vengono più utilizzati da anni: il DDT e il DDE, sostanza che si genera a partire proprio dal degrado della molecola originaria del DDT.
Questa è l’ennesima dimostrazione di come qualunque scelta si faccia in agricoltura le conseguenze non sono nel breve e nel medio periodo ma nel lungo periodo e rischiano di impattare diverse generazioni. Altre sostanze messe al bando e che sono comunque state rintracciate nel suolo sono: permetrina, imidacloprid e oxodiazon.
Leggi anche: Google permette di sparire dalle ricerche, almeno in parte
Leggi anche: Pedopornografia online, una guida per i genitori firmata Save the Children
Nei 12 campi trattati con le tecniche del biologico sono state invece rintracciate solo tre sostanze di sintesi la cui presenza corrobora ulteriormente due principi che occorre tenere sempre bene in mente. In questi campi sono infatti state trovati un insetticida contro le zanzare – una contaminazione che probabilmente come spiega anche il rapporto è dovuta alla presenza vicina delle case – e poi tracce di nuovo di DDT e DDE.
Trattandosi di sostanze bandite ormai da anni, è chiaro come la contaminazione da DDT sia una contaminazione accidentale dovuta proprio alla pervicacia resistenza di questa sostanza chimica nel suolo.
Vogliamo concludere con le parole di Maria Grazia Mammuccini, presidente di FederBio: “I risultati del monitoraggio dimostrativo evidenziano che i dati relativi ai campi coltivati con il metodo biologico sono decisamente migliori rispetto a quelli coltivati in convenzionale a conferma che il bio è un metodo di produzione che favorisce la tutela del suolo e della biodiversità”.