Olio vergine spacciato per extravergine. 2,3 milioni di litri di olio non conformi alla normativa comunitaria e nazionale. Indagate 10 persone nello spoletino
L’etichettatura cavillare di un prodotto, per i consumatori attenti a ciò che acquistano, è una garanzia ed una tutela. Specie in Italia, dove le norme sulle etichette impongono informazioni più dettagliate che nella media europea. Per cui tradire questo patto di fiducia non solo è irregolare, ma anche moralmente discutibile. Per ciò che concerne l’olio d’oliva, gli italiani sono abituati a farne largo uso, privilegiando ovviamente l’extravergine.
Chi è più attento seleziona anche il prodotto con materia prima proveniente dai confini nazionali. Come si sa, l’olio extravergine d’oliva, oltre ad essere il condimento privilegiato per la dieta mediterranea, possiede anche proprietà antiossidanti molto salubri per l’organismo. Lo stesso discorso non si può replicare per gli altri oli. L’olio vergine d’oliva per esempio ha proprietà nutritive e benefiche decisamente inferiori rispetto all’extravergine, e da questa differenza consegue un prezzo più basso.
Ma forse non in molti sanno che anche l’olio etichettato come extravergine può contenere delle parti di olio vergine, nei limiti di legge. E questo apre lo spazio a produzioni irregolari.
Secondo quanto risulta da Teatro Naturale, rivista esperta del settore, in Umbria, in particolare nella zona dello spoletino, sono emerse diverse irregolarità a seguito di ispezioni della Guardia di Finanza su 183 controlli effettuati durante la campagna “Verum et Oleum” a tutela della produzione nazionale di olio extravergine d’oliva.
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Ciò che le ispezioni hanno portato alla luce è un quantitativo di olio vergine d’oliva all’interno del prodotto venduto come extravergine. “Il 27,2% dei campioni prelevati è risultato irregolare, per complessivi 2,3 milioni di litri di olio non conformi alla normativa comunitaria e nazionale”. In sostanza l’olio venduto come extravergine conteneva una quantità di olio vergine entro i limiti di legge, ma solo per poche settimane. Il blend, infatti, entro poche settimane perde le qualità organolettiche dell’extravergine e dalle analisi può essere etichettato solo come vergine.
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L’escamotage utilizzato dai produttori si basa sulla certezza che inserendo il prodotto alterato, inizialmente entro i limiti di legge, nelle offerte e nei sottocosto dei supermercati, esso sparisca dagli scaffali, e di conseguenza dai controlli, nel giro di pochi giorni, cioè prima che da analisi diventi vergine e non extravergine. 10 persone sono state indagate alla Procura della Repubblica per frode in commercio.