Nel nuovo report pubblicato da Assoambiente che si concentra sui rifiuti ci sono alcune cifre che dovrebbero farci riflettere non soltanto sull’argomento generale della produzione dei rifiuti ma sulla nostra percezione di tutte le varie categorie, compresi i rifiuti speciali
Il primo dato riguardo la produzione di rifiuti speciali è la quota prodotta in tonnellate sul totale dei rifiuti che nel nostro Paese si generano. Nel 2019, e il report sottolinea come quello sia stato l’ultimo anno con dati disponibili riguardo questo genere di rifiuti, abbiamo prodotto oltre 193 milioni di tonnellate di rifiuti e di questi rifiuti 163 milioni di tonnellate provengono in qualche modo dalle attività industriali mentre solo circa 30 milioni sono rifiuti urbani.
Il nostro Paese si trova in cima alle classifiche per efficienza nella gestione dei rifiuti urbani e, un altro dato che emerge dal report, è il modo in cui siamo riusciti a gestire proprio il riciclo e il recupero di questa particolare frazione dei rifiuti. Sempre prendendo come riferimento l’anno 2019 “il 65% delle oltre 109 mln di tonnellate di rifiuti speciali gestiti è stato avviato a recupero (di materia e di energia) ed il restante 35% ad operazioni di smaltimento (incenerimento, discarica, stoccaggio finalizzato allo smaltimento finale o altre operazioni come il trattamento chimico-fisico)“.
Ma nonostante questi ottimi numeri, sul nostro territorio nazionale non c’è una distribuzione omogenea nel numero e nella tipologia degli impianti di gestione e trattamento di questi rifiuti speciali. Nel report pubblicato da Assoambiente si fanno due esempi che si trovano ai due estremi dello spettro del nostro rapporto con questi rifiuti: la Puglia e il Veneto.
Abbiamo in passato già avuto modo di riportare alcune dichiarazioni di personalità vicine al mondo della gestione dei rifiuti che più volte hanno sottolineato come per esempio anche il problema della Tari e il suo non essere un tributo uguale su tutto il territorio nazionale derivi dal fatto che nel centro Italia e soprattutto nel sud Italia mancano molti impianti.
Questa stessa mancanza si ritrova anche nella gestione dei rifiuti speciali. Se infatti in Veneto, dove si producono circa 12 milioni di tonnellate di rifiuti speciali in un anno, ci sono 1190 impianti in Puglia che produce 11 milioni di tonnellate di rifiuti speciali ci sono solo 612 impianti.
È lecito quindi chiedersi dove finiscano i rifiuti che non possono essere trattati all’interno della regione di produzione per ovvi motivi di spazio. Circa 27 milioni di tonnellate, quasi un quarto dei rifiuti prodotti, sono stati spostati e trattati in un’altra regione rispetto a quello in cui sono stati prodotti. Ma c’è tutto l’export con oltre 4 milioni di tonnellate di rifiuti che finiscono negli impianti dei nostri vicini tedeschi, austriaci, ma anche francesi, svizzeri e sloveni. Come si legge nella presentazione del report pubblicata sul sito ufficiale di Assoambiente “La sola Germania ne ha accolte 800.000 tonnellate“.
Se prendiamo in considerazione il fatto di quanta energia è possibile produrre attraverso il giusto percorso su cui instradare i rifiuti e anche i rifiuti speciali, Marco Steardo, presidente della sezione rifiuti speciali di Assoambiente, fa notare come “la sola mancata produzione di energia generabile dai rifiuti destinati ad essere “termovalorizzati” all’estero è stimabile fra i 330.000 e 400.000 MWh all’anno, che, per un Paese come l’Italia che importa energia, si traduce in un costo annuo, a valori di mercato, fra 40 e 60 milioni di euro“.
I rifiuti, anche quelli speciali, sono quindi una risorsa che va mantenuta entro i confini nazionali per poterla sfruttare appieno. Ma per fare ciò, secondo le analisi di Assoambiente avremmo bisogno già da adesso di impianti in grado di trattare oltre 10 milioni di tonnellate di rifiuti l’anno. Se non verranno realizzati gli impianti e quindi continueremo a inviare rifiuti all’estero, con la prospettiva che la percentuale di rifiuti da inviare iltre i confini aumenterà, arriveremo a perdere un miliardo di euro l’anno con in più ricadute occupazionali, di gettito fiscale, produttive.
Un’ultima considerazione che ci preme fare viene sempre dalle parole dello stesso Steardo che sottolinea come gli impianti debbano essere pianificati e non frutto di una qualche emergenza quindi “privilegiando la realizzazione di impianti a servizio di distretti produttivi specifici nei quali la gestione dei rifiuti si integrerebbe, producendo materie prime seconde e/o energia utili al distretto stesso“.
Ma il presidente della sezione rifiuti di Assoambiente è anche consapevole del fatto che occorre avere “un quadro normativo rigoroso, ma inequivocabilmente applicabile, che, in condizioni di sicurezza per l’ambiente e per la salute, favorisca dove possibile la trasformazione dei rifiuti in materia, attraverso specifici processi ‘end of waste“. Occorrono quindi delle norme e occorrono degli impianti: occorrono degli impianti che siano progettati e realizzati a norma e al riparo dalle ideologie del Not In My Backyark e allo stesso tempo dalle possibili infiltrazioni criminali.