Dal Consiglio Nazionale delle Ricerche arriva un nuovo studio che cerca di trovare una connessione tra la percentuale di persone che hanno deciso di fare il vaccino contro il Covid-19 e la fiducia sia nelle istituzioni sia nei canali di informazione
Abbiamo ancora davanti agli occhi tutte le conferenze stampa, gli approfondimenti sui giornali, i talk-show , i video sui social che nel corso dei due anni orribili della pandemia si sono moltiplicati parlando spesso con cognizione di causa ma altrettanto spesso decisamente a sproposito. Non è difficile immaginare come, messi di fronte alla necessità di dover scegliere se fare o meno il vaccino, anche la fiducia in chi ci ha detto che il vaccino andava fatto ha avuto una grande importanza.
Si tratta di un meccanismo che viene molto spesso utilizzato anche dalla pubblicità. Se provate a ricordare l’ultimo spot riguardo per esempio un dentifricio, o un altro prodotto che potremmo definire blandamente medico, sicuramente avrete visto almeno una volta qualcuno indossare un camice.
Nello stesso modo in cui siamo portati inconsciamente a credere che chi è vestito con un camice sia un dottore e quindi parli con cognizione di causa, siamo anche portati a credere o meno a chi ci governa riguardo temi scientifici se abbiamo più o meno fiducia nella figura che comunica con noi.
Per questo, sempre nei famosi due anni orribili virologi e scienziati sono diventati a volte delle vere e proprie star, intervistati a più riprese da qualunque testata giornalistica, con lo scopo il più delle volte di ammantare di veridicità ciò che veniva detto prima e dopo il loro intervento.
E’ quindi molto interessante ciò che è venuto fuori dal nuovo studio condotto da Rino Falcone dell’Istituto di scienze e tecnologie della cognizione del Consiglio nazionale delle ricerche di Roma.
Lo studio, come riporta il comunicato stampa ufficiale pubblicato dal sito del Consiglio Nazionale delle Ricerche, ha voluto analizzare proprio “l’interazione tra la fiducia nelle istituzioni e nei vaccini COVID-19, i canali di accesso all’informazione specifica, le motivazioni e le convinzioni personali sulla pandemia” e l’influenza di tutto questo sulla decisione o meno di sottoporsi alla vaccinazione.
Quello che emerge dallo studio è che è esistita (e possiamo quindi supporre che esisterebbe anche in altre situazioni del genere) una stretta correlazione proprio tra la fiducia nei vari attori che si sono mossi sul palco dell’informazione relativa al vaccino contro il Covid, quindi non solo le autorità ma anche chi produce il vaccino e le fonti istituzionali e scientifiche, “gli obiettivi collettivo-sociali” e “la dipendenza dai media tradizionali per la raccolta di informazioni” e la decisione di sottoporsi al vaccino.
La lezione che secondo il professor Falcone possiamo trarre dai dati raccolti da questo studio CNR è innanzitutto una lezione su come comunicare e promuovere altri vaccini, evitando gli errori che sono stati commessi nelle fasi più concitate della crisi pandemica.
Con i cambiamenti climatici che porteranno anche molto probabilmente a cambiamenti nella distribuzione dei virus e quindi a possibili nuove pandemie, dobbiamo essere in grado anche di comunicare correttamente con i cittadini per affrontare le emergenze del futuro velocemente e con il numero minore possibile di vittime.