Le molteplici informazioni raccolte, inclusi cookie e IP, costituiscono dati sensibili che perderebbero l’anonimato. Cosa dichiara il Garante
Le leggi di mercato che ornano le nostre vite non sono altro che l’interfaccia, anche se troppo approssimativa, delle più complesse leggi dei dati. Si tratta di una costituzione non scritta ma deliberata dall’articolato diaframma della tecnologia che attraverso la Rete (non riferendoci soltanto al web) censisce la personalità dell’utente. Quest’ultimo viene analizzato dalla sterminata massa di algoritmi e si trasmuta in un estratto statistico delle abitudini e del comportamento umano.
La guerra dei dati è aperta da un bel pezzo e tutti noi alberghiamo nell’incubazione – un po’ per necessità un po’ per imposizione – delle multinazionali dei big data. La profilazione a cui siamo tutti sottoposti si scontra oggi con le normative di alcuni Stati – Paesi membri della Comunità Europea in prima fila – progressivamente perfezionate per contrastare la logica controcorrente delle complesse tecniche di raccolta globale delle informazioni.
Il principale strumento di analisi dei dati dei visitatori dei siti web, Google Analitycs, è stato a più riprese attenzionato, condannato dagli organi di garanzia di diversi Stati nel mondo. Anche in Italia, il Garante per la protezione dei dati personali si è ora espresso con un comunicato stampa, prendendo posizione contro il colosso statunitense. Il servizio Google Analytics, infatti, viola la normativa sulla protezione dei dati dettata dal Regolamento Europeo.
Il Garante, inoltre, denuncia il trasferimento dei dati utente negli Stati Uniti, dove il livello di protezione degli stessi è palesemente scarso. L’istruttoria appena conclusa, rivela che la raccolta dei dati, da parte dei gestori dei siti web che utilizzano Google Analytics, riguarda cookie, dettagli delle interazioni degli utenti, pagine visitate e servizi utilizzati. Sono inclusi l’indirizzo IP del dispositivo dell’utente e dati su browser e sistema operativo, considerati dati personali, secondo il Garante.
Primo gestore, in Italia, al quale è stato intimato di adeguarsi al Regolamento UE è stato Caffeina Media Srl. Anche altre gestori sono attualmente richiamati all’ordine sottolineando la grave irregolarità dei trasferimenti telematici verso gli USA. Il Garante della Privacy ha assegnato una proroga di 90 giorni per adeguare la condotta alla normativa europea; scaduti i termini, l’Ufficio di garanzia dei dati personali procederà ad una nuova verifica.