Abbiamo trattato il tema dell’inquinamento da microplastiche diverse volte ma, per quanto ci siamo sforzati di immaginarlo come un problema che ci riguarda tutti da vicino, è innegabile come tanti ancora non riescono a percepire questo pericolo come reale anche per le nostre coste ed è per questo motivo che l’esposto presentato da Greenpeace Italia in Procura per l’inquinamento massiccio da granuli di plastica rilevato su alcune coste pugliesi è un campanello d’allarme che dobbiamo ascoltare
Il report pubblicato dall’associazione ambientalista riguarda i campionamenti effettuati nel corso del 2021 su dodici spiagge individuate lungo le coste della Puglia. I risultati delle analisi dei campioni hanno portato l’associazione a presentare un formale esposto in Procura con cui hanno chiesto alla magistratura “di investigare sull’inquinamento e verificare se sussistano le condizioni affinché si proceda al sequestro delle attività industriali presenti nell’area specializzate nella produzione di granuli“. A produrre questo inquinamento silenzioso dovuto ai microgranuli di plastica, questa l’ipotesi, le aziende petrolchimiche che raffinando idrocarburi ed espellono proprio queste microsfere di plastica grandi come una lenticchia.
Nessuno sversamento da parte di gigantesche cisterne come abbiamo raccontato in passato ma una dispersione costante. Circa il 70% dei 7938 dei granuli raccolti è stato rilasciato nell’ambiente di recente: una datazione che è possibile fare grazie alle caratteristiche stesse dei granuli che sono lucidi e trasparenti. Quasi l’80%, per essere precisi il 78%, dei granuli è composto di polietilene prodotto proprio nella zona mentre un altro 17% è composto da polipropilene.
Entrambi questi prodotti sono lavorati da industrie della zona. Ed è anche a queste società che l’associazione ambientalista si rivolge nel proprio report, chiedendo in particolare “di rendere pubbliche tutte le evidenze in loro possesso che dimostrino la loro estraneità alla contaminazione nell’area“. Mentre agli enti pubblici nazionali e locali si chiede “di realizzare un monitoraggio indipendente e approfondito sulla presenza di pellet nell’area brindisina finalizzato a individuare tutte le fonti di inquinamento“.
L’importanza di dare risalto al repord e allo studio condotto da Greenpeace Italia lungo la costa pugliese deriva dal fatto che si tratta della prima indagine “condotta lungo le coste italiane della parte meridionale del Mare Adriatico meridionale finalizzata a stimare la presenza di granuli di plastiche in varie località“.
Nello stesso report si fa notare come proprio la mancanza di letteratura non possa dar luogo a una comparazione su dati precedenti che non esistono e “sebbene i risultati ottenuti non consentano di attribuire, in modo diretto, le responsabilità della dispersione dei granuli presenti nei litorali brindisini a una singola azienda, è evidente, una maggiore presenza di nurdles nei siti di campionamento più vicini all’area industriale e nell’area portuale della città“.
Questo però non significa che possiamo pensare che la presenza delle microplastiche sotto forma di nurdles sia va sottovalutare. Soprattutto perché, come ricorda anche Giuseppe Ungherese responsabile campagna inquinamento di Greenpeace comunque “i dati che diffondiamo oggi dimostrano che la plastica inquina già dalle prime fasi del suo ciclo di vita“. Dobbiamo entrare nell’ottica che la plastica va eliminata per ridurre l’inquinamento.