Sul sito ufficiale del Centro Italiano per la Riqualificazione Fluviale, CIRF, è stato lanciato un appello affinché si eviti di costruire nuovi invasi artificiali per combattere la siccità. Affrontare la situazione emergenziale in cui ci troviamo adesso e pensare allo stesso tempo al futuro del pianeta deve passare per quello che nel comunicato viene definito “approccio razionale”
E leggendo la disamina che il Centro fa di ciò che è stato fatto finora a livello anche europeo si comprende come tutto sia stato utilizzato tranne che la razionalità. Nel comunicato vengono immediatamente riportati alcuni dati ma risulta a nostro avviso ancora più incisiva la frase di apertura che vogliamo riportare per intero: “La grave crisi idrica in corso è senza dubbio da inquadrare nella epocale crisi climatica ed ecologica in atto e come tale va approcciata in modo strutturale, affrontando le cause e non correndo dietro ai sintomi“.
Ciò che risulta evidente è infatti come ciascun intervento che adesso si sta cercando di portare a compimento per salvare in qualche modo le colture e gli allevamenti dalla siccità estrema sia solo una misura emergenziale, che rincorre una situazione che invece è tragica da diversi anni e di cui conosciamo in maniera approfondita le cause anche se sembra che non vogliamo vederle. Andando a parlare dei dati relativi agli habitat umidi e alla biodiversità di questi ambienti è allarmante notare come dal 1970 abbiamo avuto la perdita di metà di tutte le aree umide dell’Unione Europea.
Scegliere quindi di arginare il problema scavando altri invasi artificiali non è una soluzione al problema ma un ulteriore aggravio su ecosistemi che sono già stati messi a durissima prova. E infatti il Centro Italiano per la Riqualificazione Fluviale definisce “inaccettabile” cercare di trovare risposte partendo dalla “depredazione delle risorse naturali e su ogni ulteriore aggressione alla biodiversità“. Quello che occorre fare, ed è anche un nostro pensiero, è rivedere e riscrivere il modo in cui utilizziamo l’acqua. Partendo dall’agricoltura.
Come riportato dal comunicato stampa, le stime ANBI ci parlano di oltre la metà dell’acqua consumata nel nostro Paese in un anno che viene utilizzata solo dall’agricoltura. “È una distorsione che si continui a parlare dei miliardi di euro di danni causati all’agricoltura dalla siccità, quando il fulcro della questione dovrebbe essere la produzione di cibo, che prima di tutto deve essere sostenibile“. Di nuovo, dobbiamo cercare di guardare il vero problema e non quelle che sembrano le conseguenze di un problema che a sua volta è una conseguenza e non una causa.
E sempre nel comunicato c’è anche un riferimento alla PAC nazionale e al fatto che la Commissione Europea abbia bocciato il nostro nuovo Piano Strategico Nazionale relativo alla PAC proprio perché manchiamo di coraggio nel perseguire la sostenibilità ambientale delle colture. Oltre ad affrontare il problema per quello che riguarda il consumo idrico dell’agricoltura c’è poi ovviamente da rivedere tutta la rete di distribuzione dell’acqua che si sta deteriorando a ritmo crescente.
Invece a quanto pare, questo è ciò che critica fortemente CIRF, quello a cui sembriamo pensare come soluzione è la costruzione di nuove dighe che, se pure potrebbero riuscire a creare una quantità di acqua sufficiente per superare la siccità, hanno conseguenze non soltanto per l’ecosistema ma in molte zone anche sui ponti e sulle opere di difesa dalle esondazioni con conseguente consumo di risorse economiche che potevano essere sfruttate diversamente.
Dobbiamo uscire dalla logica dell’emergenza e guardare finalmente in faccia la realtà: non possiamo pretendere che la natura ci dia l’acqua che ci serve costringendola a trasformarsi. Quello che possiamo fare e che dobbiamo fare è invece far sì che le attività produttive e la vita umana si ricolleghino con il ciclo naturale. Ne va della nostra sopravvivenza come specie.