Fare l’escort è consentito dalla legge italiana?

È una delle sorprese che il codice legislativo italiano tira fuori dal cilindro; ciò che conta è la modalità. Vediamo in dettaglio

Fare l'escort è consentito dalla legge italiana?
Escort (Foto Adobe)

Spesso accade che quando un termine anglofono giunge in Italia, il significato che esso assume corrisponde al fraintendimento che ci si aspetta. Per alcuni casi giudiziari di rilievo risalenti ad una manciata di anni or sono, il termine “escort” è entrato nelle case degli italiani designando, senza troppi giri di parole, ragazze coinvolte in un giro di prostituzione dall’eleganza borghese.

In effetti, al di sopra di ogni contesto particolare, colei che pratica la professione di escort non è altro che donna di compagnia, spesso pagata per intrattenere uno o più uomini anche in contesti particolari ma tutt’altro che scabrosi, come ad esempio una cena di lavoro. Qualcuno può ravvisarne l’antica figura della geisha, se non fosse che in Occidente, la rosa della prestazioni si è facilmente spinta – se non soltanto dedicata – ai servizi di natura sessuale.

Senza sfruttamento, la libera professione del sesso è legale

Fare l'escort è consentito dalla legge italiana?
Escort (Foto Adobe)

Ad essere precisi, la stessa signora è quella che nella lingua inglese è appellata col nome di call girl e che in Italia è sempre stata correttamente specificata con il termine “squillo”, ovvero sia la ragazza che il “cliente” contatta tramite telefono, e per il quale è disposta a spostarsi in fretta e furia. Ci passa dunque un tetto di differenza rispetto alle prostitute che espongono il loro tariffario dall’alto del bordo di un marciapiede.

Ma rimane comunque aperto un quesito oltre ogni precisazione linguistica: è legale svolgere la professione di escort in Italia? Spesso i termini della questione non sono corretti o vengono elusi e pertanto, vox populi, si risponde con un sonoro no. Nel 1958, la celeberrima Legge Merlin (dal nome della senatrice Lina Merlin, prima promotrice della proposta di legge) chiuse le cosiddette case di tolleranza (“case chiuse” o “bordelli”), abolì di fatto la regolamentazione da parte di privati dello sfruttamento delle donne.

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In sostanza, così come la prostituzione, l’attività di escort, secondo la legge italiana, è legale. Ma ad una condizione, appunto: che sia una scelta consapevole e volontaria quella di concedersi dietro pagamento. I reati sono dunque limitati – per modo di dire – al favoreggiamento, all’induzione e allo sfruttamento di una donna, gravanti sulla parte terza che partecipa agli utili.

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Da parte della lavoratrice diretta e del cliente, non viene infranta alcuna legge (anche gli atti osceni, dal 2016, non sono più sanzionabili): potrebbero rischiare una multa se, nel contesto “en plein air”, ai sensi del Codice della Strada, intralcino la condotta degli altri automobilisti. Resta sempre la scelta più “organizzata”: quella della professionista di crearsi un regolarissimo sito di annunci, purché il proprietario del dominio non collabori alla ricerca di clienti ma si attenga neutralemente alla sola gestione del sito. Non il “cosa” ma il “come”.

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