Se l’affitto è considerato l’extrema ratio per vivere in autonomia, i contratti da stipulare possono fare la differenza. Vediamo come
L’odierna crisi internazionale include tra i bersagli principali le famiglie: attraverso il repentino crollo dei consumi si sta consumando l’erosione delle remunerazioni e in ultima istanza dei risparmi. In poco più di sei mesi, l’Italia ha visto calare i consumi del 3,8% rispetto al dato che ha chiuso lo scorso anno. Si corre dunque il rischio non tanto di ridurre l’acquisto di beni di largo consumo quanto di rinunciare all’accaparramento di beni essenziali.
L’inflazione, che ha iniziato la sua ascesa a partire dalla riapertura massiva delle attività dopo la stagione del lockdown, ha raggiunto la sua degenerazione passando per le conseguenze degli effetti internazionali dei mercati: a risentirne è dunque la capacità di risparmio, forza propulsiva per garantire l’avvenire dei membri familiari più giovani, inducendo alla progressiva erosione delle iniziative economiche e di investimento.
Il riverbero si registra sul progetto di acquisto di un immobile, fisiologico desiderio della persona in maturazione. La stretta in risalita dei tassi di interesse, però, sta riconsiderando in taluni soggetti la possibilità di richiedere un mutuo. La scarsa disponibilità economica, tuttavia, suggerisce da sempre una via d’uscita, che se ben gestita, non dà l’aria di una consolazione: l’affitto.
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Anche in questo caso, le variabili influiscono sui contratti che come sappiamo nella locazione sono più di uno; le novità portate da questo anno ondivago lasciano presagire quale possa essere la scelta migliore almeno per il 2022. Si tratta del contratto 3+2, ovverosia il più noto contratto a canone concordato, il quale offre vantaggi fiscali agli inquilini e al tempo stesso degli importi mensili più bassi rispetto a quelli fissati per altre forme di contratto di affitto.
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Dal punto di vista fiscale, l’agevolazione è data dalle seguenti detrazioni: 495,80 euro se il reddito complessivo al di sotto di 15.493,71 euro; 247,90 euro se il reddito complessivo supera i 15.493,71 euro ma non raggiunge i 30.987,41 euro. Il contratto concordato, della durata di tre anni rinnovabili automaticamente per altri due, è regolato direttamente dai Comuni e non dai proprietari di casa; i costi d’affitto sono mediamente bassi, stabiliti sulla base di criteri specifici: tipologia di immobile; ubicazione dell’immobile nelle diverse zone della città (periferia, centro).