Abbiamo meno di cento anni per mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici sulla disponibilità di cibo. Entro il 2100 rischiamo vere e proprie guerre per la sopravvivenza
Lo riporta sul suo sito ufficiale Futura Network che, a partire da una serie di studi recenti e misurazioni, ha quantificato in termini di anni i rischi che corriamo se le temperature degli oceani del mondo continueranno a salire senza che si ponga un freno alle attività umane inquinanti.
Come ricorda Futura Networks, il sistema di monitoraggio Copernicus dedicato al benessere degli ecosistemi marini ha registrato una temperatura di cinque gradi superiore alla norma. E questa temperatura anomala non è stata registrata in qualche angolo sperduto del globo, lontano abbastanza da far credere ai più che il problema non ci tocchi, bensì in Italia e in Francia. Immaginare cosa potrebbe succedere se a causa dei cambiamenti nella distribuzione delle temperature le specie ittiche decidessero di spostarsi e abbandonassero le loro abituali zone del Mediterraneo non è difficile.
Una ricerca pubblicata su Global Change Biology e dal titolo molto chiaro tratteggia il futuro dei prossimi anni da qui al 2100. La ricerca, “Timing and magnitude of climate-driven range shifts in transboundary fish stocks challenge their management”, mostra come sono facilmente prevedibili già a partire dal 2030 cambiamenti nelle abitudini della fauna ittica. Cambiamenti che porteranno diverse specie ittiche a spostarsi, modificando così anche la distribuzione delle stesse tra le varie zone di pesca.
Lo studio sottolinea come a subire per primi i cambiamenti saranno le zone tropicali ma questo non deve farci erroneamente pensare che il nostro Mar Mediterraneo possa essere immune. La temperatura rilevata quest’anno e il rilevamento ,da parte di gruppi di studiosi, della presenza di specie prettamente tropicali nel Mare Nostrum è già un sintono di come la temperatura stia cambiando sopra e sotto il pelo dell’acqua.
E le modificazioni nella popolazione ittica dovute ai cambiamenti climatici si aggiungono e aggiungeranno anche ad altri fattori che stanno già riducendo il numero dei pesci che nuota nei nostri mari: inquinamento da mercurio e pesca eccessiva.
E per restare sempre nel nostro Mar Mediterraneo un dato in particolare tra i diversi riportati da Futura Network è a nostro avviso un grave segnale di allarme: nelle acque europee oltre la metà degli stock ittici è già sovrasfruttato. Peschiamo e consumiamo un numero di pesci superiore a quello che il loro ciclo naturale ne possa reimmettere in natura.
Eppure tra i Goal dell’UE per il 2030 c’è anche quello che riguarda specificatamente la vita sott’acqua. Occorre però che a tutti i livelli, a partire dai cittadini e su fino ai Governi centrali, si entri nell’ottica che lottare ai cambiamenti climatici, ridurre la Co2 e passare a modelli di vita sostenibili non è più procrastinabile ma necessario.