Greenpeace Italia, insieme ad altre associazioni ambientaliste, ha deciso di passare alle vie legali per cercare di bloccare gli incentivi statali che continuano a spingere l’acquisto di auto con motore endotermico
Il ragionamento dietro la decisione dell’associazione ambientalista è quanto mai logico: con gli incentivi che in teoria sarebbero dovuti servire a mettere su strada più auto elettriche che auto a combustione in realtà si è ottenuto un risultato estremamente misero proprio perché gli incentivi hanno contribuito anche a rinnovare con altre vetture endotermiche il nostro già problematico parco auto nazionale.
Come riporta il comunicato stampa pubblicato sul sito ufficiale di Greenpeace sono stati spesi nel corso degli ultimi tre anni 3 miliardi di fondi pubblici eppure rispetto al resto d’Europa abbiamo solo l’otto percento di auto elettriche contro il venti percento del resto del continente. Non è difficile vedere in questi numeri quello che Greenpeace chiama senza mezzi termini un fallimento. Un fallimento che, seguendo sempre il ragionamento dell’associazione ambientalista, non è soltanto nella mancata incentivazione all’acquisto di auto elettriche ma in generale si configura come un fallimento generale del sistema di trasporto.
Perché nonostante gli incentivi anche il numero di vetture tradizionali è diminuito. Inoltre “ci sono meno autobus in circolazione e utilizziamo meno i treni rispetto al 2019. Segno evidente che non stiamo sostenendo la mobilità sostenibile e pulita e nemmeno la libertà di movimento degli italiani”.
Tornando alle cifre spese dai governi a partire dal 2020 si nota la grande anomalia dell’Italia rispetto all’Europa e Greenpeace sottolinea come “abbiamo impiegato la gran parte dei 3 miliardi spesi in questi tre anni per auto a combustione altamente inquinanti” anziché concentrare gli sforzi proprio sulla dismissione delle tecnologie più inquinanti, rendendo poi estremamente complicato il ricorso ai bonus destinati alle auto elettriche e, di contro, inserendo nel decreto attuativo dei bonus un limite di emissioni altissimo rispetto al resto dei Paesi europei per individuare i modelli che rientravano nella misura.
L’associazione ambientalista fa inoltre un confronto con un altro Paese europeo che ha speso per incentivare i motori elettrici una cifra pari a noi: la Germania. I tedeschi sono riusciti a ridurre effettivamente il numero di auto endotermiche e ora sulle loro strade circolano quattro volte le auto elettriche e plug-in che girano da noi: 660 mila auto elettriche contro 150 mila e 550 mila auto plug-in contro 155 mila.
Questa è la dimostrazione che il problema non è l’idea di incentivare attraverso bonus il passaggio a una mobilità più sostenibile, il problema è che rispetto ad altri Paesi europei abbiamo la tendenza a non essere particolarmente coraggiosi e finiamo quindi con il creare sistemi di incentivi che si trasformano in soldi buttati e pensati per non scontentare i grandi industriali.
Per questo motivo Greenpeace, WWF Italia, Legambiente e altre associazioni ambientaliste hanno fatto ricorso al TAR contro il decreto del 6 aprile 2022 in cui è contenuta l’impalcatura degli incentivi che riguardano i veicoli non inquinanti da qui al 2024 per portare a una revisione di tutti i parametri di calcolo che, tra le altre cose, ci pongono fuori anche dagli obiettivi europei che abbiamo sottoscritto.