No alle sfumature di greenwashing sui social, la petizione di Greenpeace

Come le aziende corresponsabili della crisi ambientale contemporanea manipolano le comunicazioni sui social mediante il greenwashing

petizione contro il greenwashing
Greenwashing (Foto Adobe)

Uno nuovo studio commissionato da Greenpeace Olanda all’Università di Harvard ha analizzato più di 2300 post su vari social delle più grandi compagnie impegnate nel settore dei combustibili fossili in Euriopa. E ha dimostrato la reale finalità delle loro politiche comunicative. I social media si dimostrano ancora una volta il terreno privilegiato e centrale delle politiche di marketing e comunicazione pubblicitaria.

Obiettivo di molte grandi aziende legate all’estrazione e lavorazione dei combustibli fossili, dei settori dell’automobile e dell’aviazione in Europa è infatti distrarre l’attenzione dei consumatori dalle loro concrete responsabilità ecologiche. Adottando abili politiche di greenwashing. La loro comunicazione social punta su argomenti come lo sport, la moda o le cause sociali. Non mostra alcun esplicito richiamo alla crisi climatica nella maggior parte dei loro annunci. Si dà al contrario una perfetta e disimpegnata patina naturalista.

Ben il 67 per cento dei loro post sono classificati come greenwashing, cioè come fuorvianti e disincentivanti rispetto alla questione ambientale. Secondo Geoffrey Supran, dell’Università di Harvard e principale autore dello studio “I social media sono la nuova frontiera dell’inganno e dei tentativi di ritardare gli interventi contro la crisi climatica”.

“I nostri risultati mostrano che, mentre l’Europa stava vivendo l’estate più calda mai registrata, alcune delle aziende maggiormente responsabili del riscaldamento globale si sono ben guardate dal parlare di crisi climatica e hanno invece sfruttato i social media per posizionarsi strategicamente come marchi sostenibili, innovativi e attenti alle cause sociali”.

Le aziende coinvolte dallo studio non solo restano tra le maggiori responsabili dell’inquinamento ambientale direttamente con le loro industrie e con le emissioni a loro riconducibili. Ma anche con il modello strategico e produttivo che adottano ben lontano da abbandonare la dipendenza dai combustibili fossili.

Il greenwashing è una pratica disinformante. Senza un intervento legislativo “le persone saranno esposte a messaggi fuorvianti sulla crisi climatica, che ha tra i principali responsabili proprio le aziende che investono nei combustibili fossili. Per questo motivo chiediamo una legge europea che metta fine una volta per tutte alla propaganda delle aziende inquinanti“. Dichiara Federico Spadini della campagna Clima di Greenpeace Italia.

Infatti l’ONG sostiene, insieme ad altre organizzazioni internazionali, una petizione europea per vietare le pubblicità e le sponsorizzazioni delle aziende legate ai combustibili fossili. Con un milione di firme raccolte in tutto il continente, la Commissione europea sarà costretta a discutere una proposta di legge in tal senso. E a porre un freno alla comunicazione greenwashing.

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