Lo spreco alimentare va combattuto dove si genera e i numeri diffusi da WWF Italia su ciò che succede nelle città italiane sono un campanello d’allarme che non possiamo silenziare
Una realtà che è sotto gli occhi di tutti ma che non viene ancora presa nella dovuta considerazione: le città sono i luoghi in cui più cittadini si aggregano e sono, di conseguenza, anche i luoghi dove più spesso il cibo viene sprecato, gettato, buttato senza che sia stato utilizzato a dovere e diventa rifiuto. E come sottolineato da WWF nel comunicato stampa che ha accompagnato la Giornata Internazionale di Sensibilizzazine su Perdite e Sprechi Alimentari, è dalle città e nelle città che occorre fare gli sforzi maggiori perchè i cittaidni conoscano le conseguenze dello spreco di cibo.
Se la crisi che morde ci sta insegnando qualcosa è che il denaro ha un valore altissimo e che occorre spenderlo con oculatezza. Anche quando si fala spesa alimentare. Ma lo spreco di cibo non è solo un problema per le tasche è un problema per tutti e come tale va percepito.
“Buttare nella spazzatura cibo ancora buono non è solo uno spreco di soldi e inaccettabile sotto il profilo etico: costa anche in termini ambientali” si legge nel comunciato stampa. Il cibo è un prodotto e come tale consuma energia e risorse, energia e risorse che finiscono sprecate perchè il cibo finisce nel cassonetto e che diventa così responsabile di quasi il 10% delle emissioni di gas serra annue europee.
I numeri sullo spreco alimentare in Italia sono allarmanti e insieme vergognosi: 2 milioni di tonnellate di cibo che potrebbe essere consumato finiscono invece nel secchio. Ogni mese, ogni cittadini butta in media due chilogrammi di cibo. Come intervenire? “Le istituzioni e i cittadini possono fare molto per ridurre e prevenire lo spreco alimentare, promuovendo il passaggio delle città da semplici centri di ricezione di cibo, a facilitatori di soluzioni per la sostenibilità alimentare e ambientale“.
E tra le proposte di WWF Italia c’è il ritorno a una spesa fatta per i bisogni ravvicinati e non per scorte sul lungo periodo, un aumento degli spazi dei mercati per i piccoli produttori locali e una sensibilizzazione maggiore nei confronti delle soluzioni alternative al cassonetto.
Sul territorio nazionale, ricorda l’associazione ambientalista, si trovano esempi virtuosi di città che cercano di combattere lo spreco. Milano è tra questi esempi ma occorre, conclude il comunicato, che si sviluppino rapporti virtuosi tra consumatori e produttori locali e una più generale Smart Food Community per un consumo responsabile e consapevole del cibo e, di conseguenza, delle risorse ambientali.