Alcuni supermercati stanno prendendo una decisione storica e importantissima. Di cosa si tratta
Nella filiera della catena alimentare dei supermercati, specialmente nella grande distribuzione alimentare, lo spreco alimentare è all’ordine del giorno. Numerosi Paesi si stanno organizzando per ovviare alla questione. Ad esempio introducendo le leggi antispreco alimentare, che in Spagna dovrebbero essere attivate a breve. Anche in Italia da tempo sono presenti le offerte sui prodotti alimentari vicini alla scadenza, che comportano un taglio del prezzo anche superiore al 50%.
Anche gli esercizi di ristorazione dovrebbero imparare a gestire meglio gli approvvigionamenti in base al menu, e non eccedere con conseguente spreco alimentare. Per i supermercati rimane un limite rigido la data di scadenza riportata in etichetta. Superata quella data il prodotto non può essere venduto. Nel caso in cui un acquirente distratto lo compri, può riportarlo al punto vendita e sostituirlo gratuitamente.
In primis si deve fare una distinzione tra la data di scadenza ed il terminine minimo di conservazione, identificato con la sigla TMC. La data di scadenza si riferisce a prodotti degradabili, che se ingeriti possono creare intossicazioni alimentari. Infatti per latticini, carne, pesce e uova oltre la data di scadenza si possono creare muffe e batteri nocivi per la salute. Invece il termine minimo di conservazione, generalmente indicato a maggior distanza dalla produzione dell’alimento, indica la data entro la quale il prodotto mantiene le sue capacità organolettiche, come il caffè o il tè.
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Superate le quali non si creano agenti patogeni, a meno che non compaiano insetti o larve, ma solo che il prodotto può perdere aroma e sapore. Per questo motivo alcune grandi catene di distribuzione britanniche come la Tesco, addirittura dal 2008, e la Waitrose hanno inteso limitare lo spreco alimentare eliminando le date di termine minimo di conservazione da alcuni prodotti, circa 500, in vendita nei loro punti vendita.
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Questo sarebbe un modo per contenere lo spreco alimentare, ma allo stesso tempo lascerebbe maggior scelta ai consumatori, che non sempre hanno sufficienti informazioni per tutelare la propria salute.