Lo smart working sembra un vantaggio per molti lavoratori, ma invece non lo è. Infatti alcuni rifiutano questa possibilità
Sembrava una soluzione sdoganata dalla pandemia, che avrebbe cambiato il mondo del lavoro in maniera più agile e conveniente. Lo smart working consente al lavoratore di poter svolgere la propria professione comodamente in casa, senza dover attraversare le affollate città e perdere ore di vita negli spostamenti. Inoltre è un vantaggio anche per le società, che avando meno lavoratori in presenza, o anche nessuno, può risparmiare sulle spese dell’affitto e delle utenze di un posto di lavoro fisico.
Ma queste spese alla fine ricadono sui lavoratori. E questa è la prima polemica sullo smart working. Ovviamente questo discorso riguarda esclusivamente le professioni che possono essere svolte in remoto. Ad esempio il lavoro con il pubblico o negli esercizi commerciali è difficile da espletare non in presenza.
Il motivo principale è legato all’aumento delle bollette delle corrente elettrica. In ufficio i lavoratori hanno a disposizione tutti i mezzi per effettuare il proprio lavoro, compreso il computer che è sotto la responsabilità aziendale. Nello smart working è il lavoratore stesso che deve provvedere ai propri mezzi per lavorare. Il che implica una spesa non indifferente. Alcune aziende provvedono a reperire il pc anche per il lavoro a casa, ma non tutte.
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Il problema comune riguarda l’aumento delle utenze. Il pc o gli altri mezzi per lavorare consumano molta energia, per non parlare della connessione Internet. E per il momento dai contratti non è prevista una cifra integrativa che funga da indennità per i consumi durante lo smart working. E questo è il motivo principale per cui molti lavoratori rifiutano di svolgere la propria professione in maniera smart.
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Come riporta il Messaggero, “La questione dei mancati rimborsi spese per luce e gas impatterebbe su circa 700mila statali: tanti sarebbero i remotizzabili nella Pa, secondo alcune stime. Più nel complesso, su 18 milioni di dipendenti potrebbero lavorare in modalità agile tra i 6 e gli 8 milioni di italiani, ha stimato il Politecnico di Milano. L’asticella al momento però si fermerebbe a 4 milioni. Come detto il caro bollette sta frenando la diffusione del lavoro agile e nella Pubblica amministrazione lavoratori e sindacati chiedono compensazioni prima di firmare gli accordi individuali”.