Donne escluse dal Reddito di Cittadinanza: chi sono le cittadine che non potranno beneficiare della misura
Il 2023 è l’anno che segna la fine del Reddito di Cittadinanza come lo abbiamo conosciuto negli ultimi quattro. Sono in corso gli ultimi mesi di erogazione della misura che, nonostante abbia dato modo a molti di commettere degli illeciti, è innegabile che ha salvato tanti dalla povertà assoluta. Per i cittadini considerati occupabili, dai 18 ai 59 anni di età, la luglio ci sarà l’ultima erogazione. Discorso diverso per le famiglie con minori, disabili e anziani oltre i 60 anni: in questo caso l’ultimo assegno arriverà a dicembre.
Donne senza Reddito di Cittadinanza: la denuncia
Dal 2024 partirà entrerà in vigore l’Assegno di Inclusione. I requisiti saranno più stringenti e anche diverse saranno anche le regole che comportano la perdita del beneficio. Per la fascia di popolazione occupabile che ha un Isee dal valore massimo di 6mila euro, a settembre inizierà il Supporto per la formazione e il lavoro, mentre per i succitati nuclei (con minori e invalidi) è previsto l’Assegno di Inclusione.
Non sono incluse nella misura le donne sole che non hanno figli. ActionAid, l’organizzazione internazionale che lotta contro la povertà e le ingiustizie, evidenzia che tante persone, da sole residenti, e che vivono in una stato di disagio economico, non avranno alcun tipo di sostegno. Infatti gli aiuti per le donne sole che hanno subito violenza e che sono in condizioni di povertà, sono limitate. C’è solo il cosiddetto Reddito di Libertà dell’Inps in alcune Regioni.
Ques’ultimo infatti è un sussidio che riguarda solo donne inserite in percorsi gestiti dai centri antiviolenza che hanno il riconoscimento da parte dalle Regioni e dai servizi sociali. L’Assegno di Inclusione, sottolinea ancora ActionAid, prevede l’adesione obbligatoria a politiche attive del lavoro oppure alla partecipazione a corsi di formazione, senza prendere in considerazioni le particolari situazioni. “Urgente investire nel Reddito di libertà, rendendolo strutturale e dotandolo di un finanziamento adeguato”, scrive l’organizzazione.
Si chiede inoltre che le che le donne prese in carico dalle strutture antiviolenza possano costituire un nucleo familiare diverso da quello del convivente o marito che sia che ha praticato violenza su di lei, per liberarla anche economicamente da chi ha provocato tanto dolore. L’autonomia economica, infatti, non è solo strettamente legata ai soldi, certamente indispensabili per il proprio sostentamento, ma bisogna considerare anche motivi mentali e comportamentali che possano dare piena autonomia.