Se una casa è sottoposta o a rischio pignoramento, si può tentare di salvarla in qualche modo. Ma non è sutomatico
Quando si è coperti di debiti è facile che i creditori ad un certo punto vengano a chiedere il saldo del dovuto. Ed in caso di inadempienza possono iniziare a pignorare i beni del titolare del debito, compresa anche la casa di residenza. Questa ha un vincolo di non pignoramento per i debiti con il fisco, che non è valido per quelli con banche o creditori privati.
Quindi, chi non ha potuto pagare le cartelle esattoriali non deve temere il pignoramento della cosiddetta prima casa, a patto che sussistano le seguenti condizioni:
Basta che venga meno anche una sola di queste condizioni e l’Agenzia delle Entrate può iniziare la riscossione anche attraverso la sottrazione della prima casa di proprietà. Si può tentare di salvare la propria casa dal pignoramento?
Esistono dei metodi legali per sollevare la propria casa dal pignoramento. Tuttavia non sono sicuri al 100%. Il primo è la donazione della casa ad un figlio. Innanzitutto prima di intentare questa strada si devono fare due conti sulle spese. C’è l’imposta di registro che è del 2% o del 9% del valore catastale dell’immobile a seconda che questo costituisca o meno prima casa per il beneficiario. Poi c’è l’imposta ipotecaria e catastale (pari a 50 euro l’una se si tratta di prima casa, altrimenti pari al 2% e all’1%). E poi il creditore, entro 5 anni dal contratto che passa da padre in figlio, può richiedere la casa come compensazione del debito.
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Discorso simile è per l’intestazione dell’appartamento al coniuge. Possibile solo se si è in separazione dei beni. A meno che non si simuli una separazione tra i due, con tanto di atto legale e residenza diversa. Se la casa diventa il bene per la separazione ceduto in cambio dell’assegno di mantenimento è tutelata, ma si deve stare attenti. Gli istituti di credito potrebbero mettere in mezzo un investigatore privato e scoprire che la separazione era solo simulata. In sostanza non esiste un metodo inattaccabile per tutelare la casa, almeno entro i primi 5 anni dopo l’atto di donazione, cessione o vendita. Dopodiché si può stare tranquilli.