Scopriamo quali sono i controlli da parte del Fisco sulle partite Iva a regime forfettario, le sanzioni che si rischiano se non si è in regola.
Tantissimi lavoratori in Italia sfruttano il regime forfettario, ossia una partita Iva che permette dei vantaggi fiscali. Il primo fra tutti, è il pagamento di un’imposta sostitutiva dell’Irpef con aliquota agevolata al 5% per il primi cinque anni, per poi passare al 15%, per ricavi inferiori agli 85 mila euro annui. Dunque, si tratta di un regime fiscale agevolato e semplificato.
Questo regime fiscale, tuttavia, nonostante la semplificazione, non è esente da controlli e da eventuali sanzioni. La partita Iva forfettaria comporta quindi dei vantaggi, ma anche degli svantaggi, come l’impossibilità di scaricare spese nei primi anni, consentite invece per le partite Iva ordinarie. In ogni caso, l’Agenzia delle Entrate vigila attentamente sui titolari, verificando che questi siano in regola.
L’Agenzia delle Entrate vigila attentamente sui titolari delle partite Iva, sia a regime ordinario che a regime fiscale semplificato, ossia le forfettarie. I controlli sono necessari per garantire il rispetto dei requisiti. Chi non osserva determinate regole, rischia delle sanzioni. Negli ultimi anni, a causa della diffusione enorme di partite Iva forfettarie, il Fisco si appoggia a controlli più sofisticati e mirati.
Il regime fiscale agevolato, introdotto ormai da diversi anni, è stato adottato da sempre più lavoratori. Questo garantisce il pagamento di tasse meno elevate, permettendo ai lavoratori con stipendi medi e bassi di respirare maggiormente. I controlli, tuttavia, si sono intensificati, grazie all’introduzione di strumenti digitali e analitici, come ad esempio il tachimetro fiscale.
L’Agenzia delle Entrate vigila con attenzione, in particolare per verificare i requisiti del lavoratore. In certi casi, i lavoratori con partita Iva forfettaria, sforano le soglie che consentono di rientrare in questo regime fiscale, per pagare meno tasse. Dunque, è fondamentale rispettare il limite massimo di fatturato, stabilito a 85 mila euro l’anno per i ricavi o i compensi.
Se questo limite viene superato, infatti, decade il regime forfettario e si passa a quello ordinario a partire dall’anno successivo. Altro controllo previsto è quello relativo all’incompatibilità con altre forme di reddito. Ad esempio, i lavoratori dipendenti che percepiscono oltre 30 mila euro, non possono beneficiare del regime forfettario. Stessa situazione per chi ha quote di controllo in società oppure partecipazioni in altre attività di impresa.
Il Fisco, dunque, tramite controlli incrociati, verifica le fonti di reddito del lavoratore. Uno strumento su cui l’ente fa affidamento è il tachimetro fiscale, introdotto appositamente per verificare gli introiti delle partite Iva. Si tratta di un tachimetro che assegna un punteggio di affidabilità dei contribuenti, basandosi su determinati fattori, come la regolarità dei pagamenti, la correttezza delle dichiarazioni e molto altro ancora.
In questo caso, i contribuenti con basso indice nel tachimetro fiscale sono monitorati con controlli più astringenti. Coloro che ottengono un punteggio elevato, invece, hanno minori probabilità di essere sottoposti a verifiche fiscali e a monitoraggi “esclusivi”. Ma l’Agenzia delle Entrate presta grande attenzione anche alle cosiddette “false partite Iva”. C’è una grande novità per le partite Iva forfettarie: scopriamo di cosa si tratta.
Il fenomeno della false partite Iva è sempre più diffuso. Si tratta di un fenomeno difficile da monitorare e da contrastare, poiché tanti imprenditori e società simulano rapporti di lavoro autonomo, mascherando allo stesso tempo condizioni di lavoro subordinato. In casi del genere, l’Agenzia delle Entrate collabora insieme all’INPS per fare luce su condizioni di sfruttamento lavorativo ed evasione fiscale.
Ovviamente, i trasgressori che evadono il Fisco e che insistono in una situazione di irregolarità o di illecito, rischiano multe e sanzioni, che variano in base alla gravità della situazione. Tra le sanzioni più comuni c’è la compilazione non regolare del Quadro RS nella dichiarazione dei redditi, dove devono essere inserite tutte le detrazioni e le riduzioni fiscali. Dichiarazione redditi, guida per la compilazione corretta.
L’errata compilazione del modulo comporta una multa di 250 euro. Tuttavia, è possibile provvedere con le correzioni tramite il “ravvedimento operoso”, facendosi ridurre la multa. Altra multa scatta in caso di superamento del limite di reddito, come accennato stabilito a 85 mila euro. In questo caso è il contribuente stesso a dover avvisare l’Agenzia delle Entrate.
Se non informa l’ente, il contribuente rischia anche il 30% di multa sulle imposte versate, oltre a versare la differenza di imposta tra regime forfettario e regime ordinario. Per le false partite Iva, invece, il caso è ancora più grave, le aziende che ne fanno impiego rischiano multe salatissime, denuncia per evasione fiscale e restituzione dei benefici fiscali percepiti in maniera indebita. Cartelle esattoriali, quando vanno in prescrizione.